Don
Lisander è lì, nella sua tenuta di campagna. La villa è stata cablata: don
Lisander ha il mondo davanti a sé.
O, per
meglio dire, ha il suo pc acceso, che gli consente di dialogare e interagire
col mondo. E anche di scrivere.
Di
scrivere quel romanzo a cui si sta dedicando da decenni.
Non
prima, però, di aver sorbito con la dovuta calma la sua solita tazza di
cioccolata calda.
Poi clicca
su “Documenti” e da lì sulla cartella “Romanzi”, e infine sull’icona del file
.doc che contiene il suo capolavoro. Si attiva Word e un secondo dopo sullo
schermo compare il testo, la stesura tante, troppe volte modificata.
Fermo,
Fermo, Fermo: non suona bene come nome del protagonista maschile. Meglio
Lorenzo, anzi, no, meglio ancora Renzo.
Ed ecco
don Lisander cliccare sul pulsante “Modifica”; si apre una “tendina” e il
romanziere clicca su “Sostituisci”.
Scrive
“Fermo” su “Trova”, scrive “Renzo” su “Sostituisci con” e clicca su
“Sostituisci tutto”.
In un
attimo “Fermo” è stato sostituito con “Renzo” ed è comparsa la segnalazione:
“Completata la ricerca di documento. Sono state effettuate 2410 sostituzioni”.
Che
meraviglia non dover più riscrivere a mano centinaia di pagine per assegnare a
un personaggio un nome più consono!
Un
momento, però. Renzo va bene come nome ma quando è associato al cognome no:
all’epoca in cui è ambientato il romanzo, i Renzo venivano registrati
all’anagrafe parrocchiale come Lorenzo. Che fare adesso? Semplice. Don Lisander
clicca su “Sostituiscie cambia “Renzo Tramaglino” con “Lorenzo Tramaglino”;
in tutti gli altri punti del testo “Renzo” rimarrà “Renzo”.
Rimane comunque
il dubbio dei refusi. Se in qualche punto don Lisander ha scritto per errore
“Fermp” al posto di “Fermo”, “Fermp” non è certo stato sostituito. Ma non importa:
a stesura definitiva, un esame approfondito del testo gli consentirà di
correggere i refusi; e poi, “Fermp” non fa parte del vocabolario e Word avrà
già provveduto a segnalarlo con la sottolineatura di colore rosso che anche i
professori usano per evidenziare un errore.
Oddio!
Altro dubbio, ben più opprimente: e se ha usato “Fermo” non come nome ma come
aggettivo? Pazienza: la revisione del testo gli consentirà di accorgersi di
frasi del tipo “a un certo punto videro un carro Renzo sulla strada”.
Bene: il
protagonista maschile ha un nuovo nome. Ma Renzo e Lucia sono poi i veri
protagonisti del romanzo? Non può esserlo, invece, la folla, quell’anonima
folla che già adesso popola pagine e pagine del testo? Non può esserlo la Divina Provvidenza,
che prima o poi metterà a posto le vicende dei personaggi?
Romanzo
religioso, il suo, ispirato da una profonda fede. Un sospetto nemmeno lo
sfiora: il suo criticare certi comportamenti del clero (la vigliaccheria di don
Abbondio, l’opportunismo del provinciale dei Cappuccini) lo faranno forse
accusare di giansenismo? Il rigore morale di uno scrittore non sempre viene
inteso nel senso giusto.
No, non
sembra possibile. L’ironia con cui don Lisander narra le disavventure di don
Abbondio e l’inefficacia delle grida contro i bravi è del tutto estranea ai
giansenisti, la cui fede senza amore non li faceva certo aprire la faccia alla
bellezza del sorriso; non parliamo poi delle risate.
La
stesura ora sembra finita. Sarà la cinquantesima volta che don Lisander se lo
dice ma un’ora, un giorno, un mese dopo, ecco balenargli in testa una frase da
correggere, un passo da rivedere, qualcosa da aggiungere, qualcosa da togliere.
Ha
appena cliccato sul pulsante “File” e poi su “Salva” ed ecco insinuarglisi
nella mente l’ennesimo tarlo: quella parola, da lui usata nel capitolo XV, si
scrive veramente così. Bisogna verificare.
Allora
don Lisander clicca sulla barra degli strumenti per far sparire dallo schermo
il testo, che però rimane sempre “aperto”. Un altro click, questa volta
sull’icona di Google Search, e poi si connette a quel dizionario della lingua
italiana che da tempo ha inserito nei suoi “Preferiti”. Un rapido controllo ed
è tranquillo: quella parola l’ha proprio scritta correttamente.
Sta per
chiudere Google Search e lo assale un altro dubbio: la casa del vicario di
provvisione l’ha proprio collocata nella via giusta di Milano? Meglio
verificare.
Don
Lisander si connette a Google Maps e digita il nome di una strada di Milano.
Perfetto: la casa del vicario di provvisione nel romanzo è stata proprio messa
nel punto giusto.
Abbandona Google Maps chiudendo il browser e, per scaramanzia, clicca
ancora una volta su “File” + “Salva”. Ora, finalmente, può chiudere il file
.doc del suo romanzo.
Ora,
finalmente, la stesura è completa. Fino alla prossima volta, fino al prossimo
dubbio.
Un raccontino surreale, visto che alla sua epoca
Manzoni non aveva a disposizione i pc, ma che sposa due realtà: la lentissima
elaborazione de I promessi sposi
e la possibilità che oggi gli scrittori hanno di modificare in continuazione i
loro testi senza eccessiva fatica fisica, in quanto i taglia/copia/incolla
eseguiti con un word processor sono decisamente più rapidi del dover riscrivere
su carta pagine e pagine, con frasi aggiunte ai margini o cancellate con un
tratto di penna.
La stessa facilità e comodità che oggi, rispetto al passato, abbiamo nel consultare la correttezza di una parola o nell'acquisire informazioni su qualcosa: non più ricerche su un volume a casa o in una biblioteca ma una semplice connessione ad un sito che contiene quelle informazioni.
Ho indicato Manzoni come "don Lisander" perché era così che lo chiamavano i suoi contadini: se non erro, Lisander è l'equivalente lombardo di Alessandro.