lunedì 28 aprile 2025

Versi d'ateo. Al professor Giuseppe Ricuperati

Fiori di poesia sbocciati dall’imperativo categorico di seguire soltanto la propria coscienza.

Sguardo su un Infinito delimitato con chiarezza dal realismo dell’immanenza.

Tenerezza e passione che sgorgano zampillanti dalla fonte di un’alma che non ha pretese di anelare all’eternità e che assapora la serenità di aspettare che cali ineluttabile il sipario del silenzio finale.

Poesia di un non credente: unica forma possibile di preghiera per lui. Preghiera laica.


Scritto ispiratomi dalla lettura del saggio di Giuseppe Ricuperati, Minima Muralia. Per una storia di me stesso non solo come storico, Biblion Edizioni.


giovedì 24 aprile 2025

Ricordo di Papa Francesco. Un sorriso si stende sul mondo

Un sorriso si stende sul mondo.

Scaturisce da duplice fonte:

la bontà di un'anima pura

e la fede nel Dio d'amore.

 

Quel sorriso conforta chi soffre,

quel sorriso regala coraggio

a chi vuole controcorrente

camminare in un mondo cattivo.

 

Quel sorriso si mantiene intatto

anche quando il dolore s'impone

per lo strazio di vite tranciate:

un sorriso che da balsamo fa.

 

Quel sorriso allieta i bambini,

gioia regala ai sofferenti,

accarezza i canuti anziani,

entusiasmo ai giovani dà.

 

Quel sorriso dà senso alla vita

di chi non smette di cercare Dio.

Quel sorriso è un dono di Dio.

È il sorriso di Papa Francesco.


domenica 20 aprile 2025

Ode alle lasagne alla bolognese

Se dài bando alle lagne,

puoi mangiare le lasagne

e di certo nulla perdi

se ti pappi quelle verdi,


quelle alla bolognese,

e ti bevi il Sangiovese.

La lor pasta ch'è croccante

rende il gusto esaltante


e ti tira sempre su

lo squisito lor ragù;

compagnia tanto bella

a lui fa la besciamella.


domenica 13 aprile 2025

Come cenci smessi

Come cenci smessi, lasciati scivolare a terra, ho deposto sul lastricato della vita le mie ambizioni, le mie presunzioni, la mia voglia di guardare al futuro come ad un pozzo a cui attingere acqua, come ad un prato in cui far sbocciare le mie speranze.

Come cenci smessi, lasciati dietro di me, ho abbandonato progetti un tempo accarezzati e coltivati con l’egoismo di chi non vedeva che per essi trascurava persone e cose ben più importanti.

Come cenci smessi, gettati su una pietraia, ho deposto dolori che non erano tali, vuoti che nulla significavano, non accorgendomi colpevolmente di quanto le mie futili disperazioni recavano dolore ai miei cari, di quanto il soffrire per ciò che non avevo mi impediva di assaporare la gioia di ciò che mi veniva generosamente dato.

Come cenci smessi, privi di calore, lascerò cadere sul suolo del tempo i giorni di rimpianto e di rimorso che vivrò guardando il sorgere del sole non come una nuova fonte di gioia ma come dolente pena per ciò che non ci sarà più. 

mercoledì 9 aprile 2025

Nei prati verdi dell'infanzia

Nei prati verdi dell’infanzia ho mosso i miei primo, incerti passi, aprendo gli occhi sul mondo con lo stupore della scoperta.

Nei prati verdi dell’infanzia ho cominciato presto mio malgrado a provare dentro la mia anima il sapore amaro della delusione.

Nei prati verdi dell’infanzia ho vissuto in un mondo in miniatura, separato dal mondo ma del tutto uguale al mondo.

Nei prati verdi dell’infanzia ho cominciato molto presto a capire cos’era il mondo, a capire la durezza del mondo.

Nei prati verdi dell’infanzia ho provato quelle amarezze che, in fondo, m’hanno fatto trovare più bello il mondo da adulto.

Nei prati verdi dell’infanzia ho imparato a sgomitare, ho imparato a reagire, ho imparato a sopravvivere.


venerdì 4 aprile 2025

Continua a regalarmi, mente mia

Continua a regalarmi, mente mia, il tuo essere tramite fra la mia anima e i miei sguardi del mondo.

Continua a regalarmi, mente mia, la capacità di vedere i dolori e le gioie negli esseri viventi che mi hanno circondato e in quelli che mi circondano.

Continua a regalarmi, mente mia, il flusso ritornante dei ricordi, che danno un senso al mio essere vivo.

Continua a regalarmi, mente mia, quella Ragione che mi consente di dare utilità a sensazioni ed emozioni.

Continua a regalarmi, mente mia, l'apertura della porta che consente alla mia anima di trasferire al mio viso i suoi sorrisi, i suoi strazi, le sue risa, le sue lacrime.

Continua a regalarmi, mente mia, la capacità di sentirmi vivo in questo mondo ma anche di essere proiettato in un mondo non caduco, infinito, eterno.


mercoledì 2 aprile 2025

Manzoni davanti al suo pc

Don Lisander è lì, nella sua tenuta di campagna. La villa è stata cablata: don Lisander ha il mondo davanti a sé.

O, per meglio dire, ha il suo pc acceso, che gli consente di dialogare e interagire col mondo. E anche di scrivere.

Di scrivere quel romanzo a cui si sta dedicando da decenni.

Non prima, però, di aver sorbito con la dovuta calma la sua solita tazza di cioccolata calda.

Poi clicca su “Documenti” e da lì sulla cartella “Romanzi”, e infine sull’icona del file .doc che contiene il suo capolavoro. Si attiva Word e un secondo dopo sullo schermo compare il testo, la stesura tante, troppe volte modificata.

Fermo, Fermo, Fermo: non suona bene come nome del protagonista maschile. Meglio Lorenzo, anzi, no, meglio ancora Renzo.

Ed ecco don Lisander cliccare sul pulsante “Modifica”; si apre una “tendina” e il romanziere clicca su “Sostituisci”.

Scrive “Fermo” su “Trova”, scrive “Renzo” su “Sostituisci con” e clicca su “Sostituisci tutto”.

In un attimo “Fermo” è stato sostituito con “Renzo” ed è comparsa la segnalazione: “Completata la ricerca di documento. Sono state effettuate 2410 sostituzioni”.

Che meraviglia non dover più riscrivere a mano centinaia di pagine per assegnare a un personaggio un nome più consono!

Un momento, però. Renzo va bene come nome ma quando è associato al cognome no: all’epoca in cui è ambientato il romanzo, i Renzo venivano registrati all’anagrafe parrocchiale come Lorenzo. Che fare adesso? Semplice. Don Lisander clicca su “Sostituiscie cambia “Renzo Tramaglino” con “Lorenzo Tramaglino”; in tutti gli altri punti del testo “Renzo” rimarrà “Renzo”.

Rimane comunque il dubbio dei refusi. Se in qualche punto don Lisander ha scritto per errore “Fermp” al posto di “Fermo”, “Fermp” non è certo stato sostituito. Ma non importa: a stesura definitiva, un esame approfondito del testo gli consentirà di correggere i refusi; e poi, “Fermp” non fa parte del vocabolario e Word avrà già provveduto a segnalarlo con la sottolineatura di colore rosso che anche i professori usano per evidenziare un errore.

Oddio! Altro dubbio, ben più opprimente: e se ha usato “Fermo” non come nome ma come aggettivo? Pazienza: la revisione del testo gli consentirà di accorgersi di frasi del tipo “a un certo punto videro un carro Renzo sulla strada”.

Bene: il protagonista maschile ha un nuovo nome. Ma Renzo e Lucia sono poi i veri protagonisti del romanzo? Non può esserlo, invece, la folla, quell’anonima folla che già adesso popola pagine e pagine del testo? Non può esserlo la Divina Provvidenza, che prima o poi metterà a posto le vicende dei personaggi?

Romanzo religioso, il suo, ispirato da una profonda fede. Un sospetto nemmeno lo sfiora: il suo criticare certi comportamenti del clero (la vigliaccheria di don Abbondio, l’opportunismo del provinciale dei Cappuccini) lo faranno forse accusare di giansenismo? Il rigore morale di uno scrittore non sempre viene inteso nel senso giusto.

No, non sembra possibile. L’ironia con cui don Lisander narra le disavventure di don Abbondio e l’inefficacia delle grida contro i bravi è del tutto estranea ai giansenisti, la cui fede senza amore non li faceva certo aprire la faccia alla bellezza del sorriso; non parliamo poi delle risate.

La stesura ora sembra finita. Sarà la cinquantesima volta che don Lisander se lo dice ma un’ora, un giorno, un mese dopo, ecco balenargli in testa una frase da correggere, un passo da rivedere, qualcosa da aggiungere, qualcosa da togliere.

Ha appena cliccato sul pulsante “File” e poi su “Salva” ed ecco insinuarglisi nella mente l’ennesimo tarlo: quella parola, da lui usata nel capitolo XV, si scrive veramente così. Bisogna verificare.

Allora don Lisander clicca sulla barra degli strumenti per far sparire dallo schermo il testo, che però rimane sempre “aperto”. Un altro click, questa volta sull’icona di Google Search, e poi si connette a quel dizionario della lingua italiana che da tempo ha inserito nei suoi “Preferiti”. Un rapido controllo ed è tranquillo: quella parola l’ha proprio scritta correttamente.

Sta per chiudere Google Search e lo assale un altro dubbio: la casa del vicario di provvisione l’ha proprio collocata nella via giusta di Milano? Meglio verificare.

Don Lisander si connette a Google Maps e digita il nome di una strada di Milano. Perfetto: la casa del vicario di provvisione nel romanzo è stata proprio messa nel punto giusto.

Abbandona Google Maps chiudendo il browser e, per scaramanzia, clicca ancora una volta su “File” + “Salva”. Ora, finalmente, può chiudere il file .doc del suo romanzo.

Ora, finalmente, la stesura è completa. Fino alla prossima volta, fino al prossimo dubbio.

 

Un raccontino surreale, visto che alla sua epoca Manzoni non aveva a disposizione i pc, ma che sposa due realtà: la lentissima elaborazione de I promessi sposi e la possibilità che oggi gli scrittori hanno di modificare in continuazione i loro testi senza eccessiva fatica fisica, in quanto i taglia/copia/incolla eseguiti con un word processor sono decisamente più rapidi del dover riscrivere su carta pagine e pagine, con frasi aggiunte ai margini o cancellate con un tratto di penna.

La stessa facilità e comodità che oggi, rispetto al passato, abbiamo nel consultare la correttezza di una parola o nell'acquisire informazioni su qualcosa: non più ricerche su un volume a casa o in una biblioteca ma una semplice connessione ad un sito che contiene quelle informazioni.

Ho indicato Manzoni come "don Lisander" perché era così che lo chiamavano i suoi contadini: se non erro, Lisander è l'equivalente lombardo di Alessandro.


martedì 1 aprile 2025

Tempo, raccontami

Tempo, raccontami ciò che le sofferenze da me provate impedisce di far uscire limpido dalla mia bocca, riducendo la mia voce a brandelli inudibili, a rantoli soffocati da un dolore quasi sempre smorzato dalla quotidianità ma sempre vivo, sempre acceso.

Declina per me il canto multiplo delle mie amarezze e dei miei fallimenti.

Regalami scampoli di luce, di libertà, di condivisione con altri, di speranza, di gioia, che la vita mi ha negato facendomi scontrare contro le sue scogliere.

Tempo, raccontami e regalami queste cose, prima che nella tua circolarità lineare tu fugga da me: per non tornare più o per ripresentarti in un altro tempo, in un’altra vita, in un altro mondo, in un'altra forma.