Vincenzo
Colombari
25/8/1922
– 8/7/2017
Nel timore che l’emozione e le mie difficoltà di parola mi impediscano di essere comprensibile, delego l’amico fraterno Maurizio De Bortoli, che ringrazio con tutto il cuore, a leggere questo breve ricordo di mio padre.
Desidero innanzitutto ringraziare le
persone che ci sono state vicino in questo periodo. In primis le signore Laura
Saracco e Iman Dewidar e il signor Karim Ismail, che in questi anni si sono
presi cura di mio padre e l'hanno accudito con affetto e premure filiali.
Ringrazio don Matteo Sorasio, che mi è stato vicino in questi giorni: la sua
sollecitudine ha reso dolce la mia tristezza. Ringrazio tutte le persone che in
queste ultime settimane sono passate a fare visita a mio padre, anche più di
una volta, come il signor Giuseppe Chiarello e la maestra Teresa Mignacco.
Ringrazio per l'aiuto e il sostegno che abbiamo ricevuto Mariuccia, Franco e
Claudio Tomatis, Anna e Luciano Fontana, e la famiglia Contino-Gavello,
soprattutto Gabriella Contino, che si può dire non abbia lasciato passare un
solo giorno senza informarsi e offrire aiuto. Ringrazio gli angeli
dell'Ospedalizzazione a Domicilio delle Molinette di Torino, che hanno curato
mio padre con impeccabile professionalità e commovente umanità, in special modo
la dottoressa Elena Guida e il dottor Davide Sardi. Ringrazio tutti gli amici
che su Facebook mi hanno fatto sentire la loro vicinanza e il loro affetto.
Ringrazio, last but not least, le mie cugine Cristina Cassinadri, per la
costante sollecitudine con cui si è fatta viva per chiedere notizie di mio
padre e per infondermi coraggio, e Livia Colombari, sia per aver fatto negli
ultimi mesi la spola tra Villa Minozzo e Torino per esserci vicino, sia perché
è stata la causa dell'ultima gioia di mio padre; il giorno prima di andare in
coma, quando gli dicemmo che Livia sarebbe di nuovo venuta a trovarci, sul
volto di mio padre Vincenzo comparve un sorriso, il suo ultimo sorriso.
Chi era mio padre? Chi è e continua ad
essere, nel Regno di Dio, mio padre?
Un uomo onesto e un padre di famiglia, un
padre di famiglia cristiana.
Qualche anno fa, durante una breve crisi
di sconforto, mi disse con amarezza: "Io sono sempre stato una persona
onesta". Come a dire: mi sono sempre comportato onestamente e adesso
perché mi sento così giù?
E che sia sempre stato onesto lo dimostra
anche solo un episodio: un encomio che ebbe dalla Fiat, dove ha lavorato per
oltre vent'anni, per avere trovato in un corridoio un portafoglio e averlo
consegnato ai suoi superiori affinché venisse restituito al legittimo
proprietario.
E' stato anche un esemplare padre di
famiglia, dopo una vita lunga sì ma anche estremamente dura.
A quattro anni andava già a pascolare le
pecore. A diciannove anni venne arruolato negli Alpini, per poi essere mandato
a fare la Campagna di Russia. Ritornato in Italia, si aggregò ai Partigiani
della Federazione Italiana Volontari della Libertà. Poi emigrò per sei anni in
Australia, facendo anche lavori massacranti come tagliare canna da zucchero.
Al suo rientro, formò una famiglia con
mia madre, Giuseppina Massa.
In tutti questi anni si è preso
amorevolmente cura prima di me, facendo ogni sorta di sacrifici e di rinunce per
assicurarmi un futuro migliore, e poi di mia madre, quando lei si ammalò e
passò i suoi ultimi sei anni di vita in un letto. Quella di Vincenzo non fu
solo una vicinanza a Pina spirituale e affettiva ma anche fisica: in tutti quei
sei anni dormì sul divano accanto al letto ortopedico della mamma,
compromettendo la salute delle sue articolazioni, che si è poi fatta
dolorosamente sentire.
Una presenza costante, fondata
sull'amore coniugale. Una presenza silenziosa.
Il mio grandissimo amico Paolo Stefano
Riccadonna non a torto l'ha paragonato a san Giuseppe, che non si fa sentire ma
c'è sempre.
Vincenzo è stato un padre di famiglia
cristiana, da lui sostenuta con dedizione totale, senza se e senza ma, seguendo
l'esempio di Gesù: "... non è venuto per essere servito, ma per servire
..." (Vangelo secondo Marco, 10,45).
Pensate: ancora pochissimi giorni prima
del peggioramento definitivo delle sue condizioni di salute, quando vedeva in
casa qualcuno fare qualcosa mio padre chiedeva subito: "Hai bisogno di una
mano?". Pur essendo già su una sedia a rotelle. Vincenzo è venuto su
questa Terra per servire, fino alla fine.
Era anche sempre pronto a ricercare
l'armonia fra le persone, sempre pronto a cercare di placare le liti fra parenti,
che qualche volta scoppiano.
Era sempre pronto a ricordarmi il dovere
e l'utilità del perdono, a me che non sono propriamente incline a perdonare.
Una volta mi disse una cosa che mi stupì e mi fece riflettere: "Perdonare
è anche una questione di intelligenza".
Adesso mio padre Vincenzo si trova nella
Casa del Padre. Sono certo che il Signore l'ha accolto con un paterno ed eterno
abbraccio, ringraziandolo per essere stato per tanti anni un Suo docile ed
umile strumento.
Così come sono certo che si è già
ricongiunto con tutti i suoi cari, soprattutto con la sua mamma, Anna Maria
Cavalletti, con sua moglie Pina e con suo fratello e mio padrino Ennio, di
quindici anni più anziano di lui e che è stato per lui come un secondo padre.
Mi mancherà tutto di lui, a cominciare
dai vezzeggiativi con cui anche negli ultimi tempi continuava a chiamarmi:
"Cocco" e "Gioia bella".
Di lui voglio qui ricordare l'ultimo
scambio di frasi che ebbi con lui, prima che le nebbie della malattia lo
inghiottissero. Una sera mi avvicinai alla sua carrozzina e, nel dargli un
bacio, gli dissi: "Un bacetto che ti voglio bene". E lui, con un filo
di voce, mi rispose: "Anch'io".
Ora non potrò più dirti che ti voglio
bene, papà, ma continuerò a volertene. Per sempre.
Riposa in pace nella luce di Dio, papà.
E grazie
per tutto quello che hai fatto per noi.
10 luglio 2017.