domenica 13 dicembre 2020

Paolo Rossi. A strazio s'aggiunge strazio

      Ci sono notizie che tagliano le gambe, rattristano, fanno venire voglia gettare la spugna e rinunciare a sperare nel genere umano.

      Ieri, durante i funerali di Paolo Rossi, dei ladri ne hanno svaligiato la casa, portandosi via oggetti che, al di là del loro valore materiale, erano ricordi.

      Penso allo strazio della moglie e delle loro due figlie in tenera età nel perdere un marito e un padre. A strazio si è aggiunto strazio, nel tornare a casa e trovarsi prive di quei ricordi.

      E non è la prima volta che capita. Ieri se ne è parlato perché è rimasta coinvolta una famiglia famosa ma accade spesso che i ladri approfittino dell'assenza dei proprietari per eventi famigliari quali battesimi, matrimoni e funerali, per compiere le loro nefandezze.

      Chi poi deruba una famiglia assente per partecipare alle esequie di un congiunto, è ancora più infame.

      Svaligiare una casa non è un semplice reato di furto, è portare via dei pezzi di vita, privare le persone dei loro ricordi, è un atto violento, è un'azione sacrilega, perché colpisce la vita, la cosa più sacra a questo mondo.

      Non voglio fare alcuna scena. E' da ieri sera che ci sto male, che sento ancora più dolorosa la perdita di Paolo Rossi, come se la sua ancor giovane età e le figlie giovanissime che ha lasciato non fossero già sufficienti motivi di tristezza.

      Al giorno d'oggi, mentre l'aggettivo "buono" viene deriso e disprezzato, l'aggettivo "cattivo" non viene più usato.

      Chi ha svaligiato ieri la casa di Paolo Rossi, come chi lo ha fatto a tante altre famiglie, è cattivo.

      Probabilmente è l'Umanità ad essere cattiva nel suo complesso.

      Penso che, nel giorno del Giudizio, Dio potrà perdonare ben pochi fra gli esseri umani.


sabato 25 luglio 2020

Recensione a James Martin, "Anche Dio Ride", San Paolo Edizioni

      Un giorno Don Pino (Don Ermanno Giuseppe Travella), mio insegnante di Religione in Terza Media, entrò in classe, tirò fuori dalla borsa un libro e ci disse: “Questo è un libro pubblicato da una casa editrice cattolica e raccoglie un po’di barzellette aventi per oggetto i preti, le suore e la Chiesa [cattolica]”.

      Dopo di che, lo aprì e, man mano che lo sfogliava, ce ne leggeva qualcuna. Ridemmo per tutta l’ora di lezione.

      Ma non si creda che per lui insegnare fosse una burla: trattava spesso temi seri, drammatici, difficili, in sostanza si occupava anche di “argomenti ostici” (come li avrebbe tanti anni dopo definiti il mio amico Don Matteo Sorasio). Fra parentesi, in tutto il mio cursus studiorum, Don Pino è stato l’unico docente che ci faceva fare i compiti in classe di Religione.

 

      L’ora di Religione passata ad ascoltare le barzellette raccontateci da Don Pino si è idealmente saldata in me, 46 anni dopo, quando, nelle scorse settimane, ho letto il libro Anche Dio ride di Padre James Martin, SI, pubblicato da San Paolo Edizioni.

      Il filo conduttore fra queste mie due esperienze è rappresentato dal  vivere la vita terrena come gioia e felicità, come un “anticipo di Paradiso” (parole di Padre Martin), e non, nel senso deteriore dell’espressione, come una valle di lacrime, come un percorso di sole sofferenze (che pure ognuno di noi inevitabilmente patisce) e men che mai come un sentiero dove il diavolo è continuamente in agguato.

      Come mi disse Don Matteo Sorasio a proposito di certi sacerdoti invasati, “non si può vivere vedendo il diavolo sempre e dappertutto”.

      E proprio Padre Martin osserva che “la risata è l’arma più temuta dal diavolo”. Ridendo lo si disarma, perché non fa più paura e quindi non condiziona più l’esercizio di quel libero arbitrio che è uno dei più preziosi doni di Dio.

 

      Interessante e meritevole di riflessione è la constatazione che l’Autore fa del fatto che molti santi erano anche spiritosi nella loro vita quotidiana. Mi viene in mente al riguardo la battuta che Dario Fo fece davanti a centinaia di frati francescani quando andò a rappresentare ad Assisi il suo Francesco, Giullare di Dio: “San Francesco era spiritoso, ed era anche spirituale”. Al che, i frati proruppero in un boato di risate.

      Non solo santi “comuni”. James Martin ci fa sapere che ad avere uno spiccato senso dell’umorismo erano anche celebri mistici, come Sant’Ignazio di Loyola e Santa Teresa d’Avila. Contrariamente all’immagine tradizionale che si ha di essi come di persone compunte, ieratiche, seriose, che non sorridono e non ridono mai.

 

      Il libro di Padre Martin può essere letto in tre modi:

-        per il piacere di leggere storielle e barzellette sulla religione;

-        per l’approfondimento teologico della gioia e del riso;

-        per la comprensione di episodi “seri” delle Scritture.

      Spulciare il volume solo per divertirsi un po’ con le barzellette e gli aneddoti divertenti che l’Autore riporta (fra l’altro citando spesso frasi di Papa Giovanni XXIII), è una scelta legittima ma che priva comunque il lettore di tutta la profondità dell’analisi svolta da James Martin su questo argomento.

      Anche Dio ride costituisce infatti una puntigliosa ricostruzione storica e teologica del ruolo che la gioia, la felicità, l’umorismo e il riso hanno e devono avere nella vita dei credenti.

      Colpisce l’ampiezza e la varietà delle fonti e degli autori che cita, compresi molti non cattolici: protestanti, israeliti, musulmani. Segno questo, che l’ironia e l’umorismo, dono di Dio (che è lo stesso per tutti i credenti) devono o dovrebbero pervadere tutte le religioni.

      James Martin si sofferma su due punti essenziali: sia l’Antico che il Nuovo Testamento sono pieni di episodi divertenti; Gesù raccontava spesso storie che inducevano al riso.

      Perché, allora, ancora oggi nelle Scritture i fedeli guardano soprattutto alla Passione, sulla quale naturalmente non c’è niente da ridere?

      Perché il senso dell’umorismo all’epoca della Bibbia era diverso da quello di oggi e, soprattutto, perché per diffondersi il Cristianesimo ha avuto bisogno dell’incontro e del “matrimonio” con la cultura ellenistica, nella quale c’è ben poco spazio per l’umorismo. E così, fin dalla stesura dei Vangeli, non si è visto i vari spunti divertenti di cui è disseminato l’Antico Testamento e gli autori dei Vangeli non hanno incluso nei loro testi gran parte degli episodi della vita di Gesù in cui il Nazareno rideva e scherzava.

      Quanto alla comprensione degli episodi “seri” dei Vangeli, devo ammettere che solo leggendo il libro di Padre Martin ho appreso il vero significato della Visitazione.

 

      Concludo con un’osservazione che non vuole essere politica ma morale e cristiana. Padre Martin in Anche Dio ride associa spesso Dio al concetto di accoglienza.

      Ciò dovrebbe far aprire gli occhi a tutti coloro che invece, al giorno d’oggi, basano sul rifiuto dell’accoglienza del debole e del diverso la propria ragione di esistere, se non addirittura il loro modo per acquisire consensi. Il rifiuto dell’accoglienza è il contrario del modo cristiano di pensare e di agire.


      Anche Dio ride è un libro che mi ha dato molto e, soprattutto, mi ha confermato che si può essere credenti e contemporaneamente ridere su quelle che fra’ Paolo Sarpi definiva “le cose della religione”.