giovedì 30 marzo 2017

Quel burlone di Ilie Nastase

      Una volta, commentando alla tv i colpi di testa di Ilie Nastase, grandissimo tennista rumeno, Nicola Pietrangeli disse: "Gli Americani multano spessissimo Nastase ma lo adorano moltissimo".
      Anch'io negli anni '70, quando cioè giocava a tennis, stravedevo per lui: sia per la sua classe che, soprattutto, per le sue trovate istrioniche.

      Da leggenda è lo scherzo del gatto nero che fece ad Adriano Panatta. I tennisti italiani e quelli romeni erano molto amici e, quando si ritrovavano a Roma o comunque in Italia, andavano spesso a cena insieme. Una sera, mentre guidava Panatta, un gatto nero attraversò la strada. Panatta inchiodò per evitare di investirlo ma, rivelandosi oltremodo superstizioso, non ripartì finché non passò un'altra autovettura onde evitare di prendersi la iella che dicono che cada addosso a chi si vede attraversare la strada da un gatto nero.
      Or bene, Nastase memorizzò l'accaduto e nel successivo incontro di Coppa-Davis fra l'Italia e la Romania chiese ad un amico di portare sugli spalti un gatto nero in una gabbia e di liberarlo in uno dei momenti topici del suo match con Panatta. Cosa che l'amico fece.
      Il gatto nero entrò in campo, Panatta sbiancò per il terrore, poi capì chi era stato l'autore dello scherzo e rivolse un pesante insulto al tutto goduto Nastase.
      Se ricordo bene, era l'agosto del 1972 e durante il doppio Panatta ebbe un'altra esplosione di rabbia quando dalla tribuna, in un momento delicato del match, una spettatrice italiana gridò: "Viva Nastase!". E Ilie cercò di calmare Panatta dicendogli: "E' una mia amica".

      Ancora più perfido fu lo scherzo che Nastase fece a Jan Kodes, tennista cecoslovacco.
       Era ancora l'era del socialismo reale nei Paesi dell'Europa dell'Est e gli sportivi di quei Paesi non potevano certo dirsi strapagati, nemmeno quelli  più bravi a livello internazionale. E in caso di trasferte dovevano spesso arrangiarsi con mezzi propri. Come fece Kodes, che per recarsi a Bucarest, dov'era in programma una sfida di Coppa Davis fra Romania e Cecoslovacchia, si fermò al posto di confine romeno a bordo della sua autovettura.
      Or bene, ad aspettarlo c'era Nastase, che all'epoca era già colonnello dell'esercito romeno e che per l'occasione aveva indossato la divisa, inforcato un paio di occhiali scuri e incollato sotto il naso due baffoni posticci, per rendersi irriconoscibile.
      Camuffando la voce e chiaramente d'accordo con le guardie di frontiera, quel burlone di Ilie non solo fece perquisire minuziosamente Kodes e il suo bagaglio ma gli fece letteralmente smontare l'automobile, alla ricerca di inesistenti oggetti di importazione vietata.
      E solo dopo che l'autovettura era di fatto in pezzi si tolse occhiali e baffoni posticci e rivelò la sua vera identità a Jan Kodes.

      Anche sui campi da tennis Nastase non mancò di sfoggiare il suo spirito istrionico.
       Una volta, affrontando un giovanissimo Borg, smise all'improvviso di giocare andando a firmare autografi tra gli spettatori, Borg perse la concentrazione e venne battuto.
      Non ci cascò più nel 1976, quando batte Nastase nella finale del torneo di Wimbledon. Quella volta, Ilie smise ripetutamente di giocare per andare a sbattere un asciugamano davanti al banco dei fotografi, accusati di disturbarlo con i loro scatti.
      Sempre a Wimbledon, uno o due anni dopo si inventò un'inesistente pioggia che, cadendogli sugli occhi, gli impedito di giocare. Ma in quella circostanza, fu un giochetto condiviso col suo avversario, l'olandese Tom Okker, e non una tattica goliardica per deconcentrarlo.
      Infine, giocando negli U.S.A., Nastase una volta perse le staffe per una decisione da lui giudicata errata del giudice di sedia, si tolse le scarpe e gliele tirò addosso.
      Non c'è che dire: davvero un gran burlone.

martedì 28 marzo 2017

Ruvido rumore

      Ruvido rumore, quello dello stilo d’inchiostro intriso che sembra ruvidamente graffiare l’altrettanto ruvida pagina del quaderno dei bozzetti del pittore.
      A poco a poco con tocchi sicuri prende forma la figura della modella che, scontrosa, se ne sta fuori dall’inquadratura, nuda come sulla carta è ancora l’abbozzo, l’embrione di quello che poi diventerà dipinto sulla tela.
      Sembra finito, il primordiale prender consistenza della bozza del quadro ma all’improvviso, come per cancellare un deludente risultato finale, il pittore lo sommerge dai colpi d’un pennello da acquarello.
      Sembra la fine d’un pittorico tentativo, insoddisfacente approssimarsi alla verità dell’opera finita sommerso dall’acqua, che tutto confonde, che tutto assorbe.
      Ma non era umile o presuntuosa volontà distruttrice del pittore: il tempo dell’asciugarsi della carte ed ecco riapparire, consolidato, il bozzetto, pronto ad essere trasferito su tela dalla mano creatrice dell’artista.

      Scritto ispiratomi dalla visione di una scena del film “La bella scontrosa” di Jacques Rivette.

mercoledì 22 marzo 2017

Rovina sul mare

      Boecklin ti compare davanti, cupo, inquietante, misterioso.
      Preso dalle tue paure primordiali, riesci a vedere soltanto, attraverso il buio, il cielo scuro, il mare scuro, le scure rovine.
      Poi, la Ragione riprende in te il sopravvento e trovi la voglia di guardare più a fondo, più calmo, più lento.
      E riesci a vedere, nitidi, gli alberi in alto e gli uccelli ancora più in alto.
      Ancora un po' di tempo per consentire al tuo sguardo di penetrare più a fondo nelle forme e nei colori, e ti accorgi che il dipinto è meno scuro, molto meno scuro di quello che ti sembrava.
      Le nuvole sono inframmezzate da squarci di luce che, giù in basso, lasciano individuare le spume del mare e disseminano riflessi sulle rocce.
      Ed ecco allora che scopri che il dipinto non è poi così cupo, inquietante e misterioso e la sua oscurità di ispira quasi un senso di protezione.
      Ed ecco allora che ti rendi conto che la conoscenza, anche quella di un particolare, è processo iniziatico che presuppone calma e razionalità, e la capacità e la costanza di individuare ogni particolare e collocarlo nell'insieme.
      Qualità educatrice dell'Arte, che dovrebbe essere presa come esempio per educare gli individui e le società.

      Scritto ispiratomi dalla visione dell'omonimo dipinto di Arnold Boecklin.

giovedì 16 marzo 2017

Rimarrai nel mio cuore, musa Renée

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
come un fiore appena sbocciato e crudelmente tranciato dal Destino, come un fiore che mai appassirà, innaffiato dal culto del ricordo.

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
come fresca e limpida rugiada che rinfrancava i prati del mondo e che troppo presto ha smesso di permeare di sé le zolle della Terra,

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
come un angelo che ci ha dato l'immensa gioia della sua presenza, della sua troppo breve presenza, e che ora è volato nel celeste Cielo dei Poeti.

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
come un sorriso perenne, che mai conoscerà l'ombra della notte, l'ombra del tramonto, e che illuminerà il pensare a te.

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
come una primavera interrotta a metà, che non potrà conoscere la passione dell'estate, la maturità dell'autunno e la saggezza dell'inverno.

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
coi doni dei tuoi scritti, dei tuoi libri, e col vuoto di quelli che la vita non ti ha dato il tempo di scrivere.

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
come ispiratrice di versi, come amante della cultura e, soprattutto, come amica.

      Rimarrai nel mio cuore, musa Renée,
e se nelle sere di primavera, guardando l'orizzonte, il mio viso sarà inondato dalla fresca brezza, per me sarà come ricevere dalle tue ali l'etereo conforto di una carezza.

Alla luminosa memoria di Renata Di Leo (Renée).