Per
cinque anni, dal 1970 al 1974, abbiamo passato un paio di settimane di vacanze
al mare al Bungalow Park di Marina di Carrara.
Era un
campeggio quasi completamente occupato da bungalow (un incendio successivo al
1974 ne distrusse la gran parte e l’area lasciata libera venne destinata alle
tende), ubicato al confine, segnato da un rivolo maleodorante, fra Marina di
Carrara e Marina di Massa. L’ultimo tratto di strada che conduceva ad esso non
era nemmeno asfaltato, anzi, la strada (che separava il camping dal mare)
terminava a Marina di Carrara, per cui si godeva di una tranquillità assoluta,
nemmeno turbata dalla ferrovia secondaria che correva alle spalle del
campeggio, lungo la quale passavano pochissimi treni al giorno.
Le
automobili dei villeggianti venivano parcheggiate fuori dal campeggio, in posti
auto coperti da una tettoia di stuoie. Non erano ancora arrivati i tempi in cui
ti rubano la macchina sotto casa.
Il mare
davanti al Bungalow Park non aveva spiaggia e bagnava una costa fatta di massi
e pietre, che veniva “rifornita” ogni tanto dal materiale di scarto che
portavano dalle cavi di marmo delle vicine Alpi Apuane. I primi due anni i miei
genitori mi portavano in spiaggia sul lato esterno del molo del porto, sito più
a nord: una spiaggia senza sabbia, costituita da pietre nella parte non bagnata
dal mare e da ghiaia nella battigia; successivamente, venimmo a sapere che,
“sconfinando” a Marina di Massa, c’era una bella spiaggia sabbiosa e andammo
là.
Ma si
poteva fare il bagno anche all’interno del camping, dotato com’era di una
piccola piscina che i gestori pulivano regolarmente e riempivano metà con acqua
marina e metà con acqua dolce.
Di solito,
non solo noi ma anche gli altri ospiti andavano in spiaggia alla mattina e
facevano il bagno in piscina al pomeriggio. La piscina interna era comoda
soprattutto per le mamme, che potevano sorvegliare i bambini e i ragazzi a
bordo vasca senza timore che uscissero dal campeggio.
E così
le giornate scorrevano con un ritmo che si tramandava di anno in anno:
colazione al mattino con pizza bianca appena sfornata, acquistata in un negozio
poco distante; bagni di sole e di mare in spiaggia; pranzo, a base di pesce o
di fritto misto; riposino pomeridiano; tuffi in piscina; cena. Alla sera
c’erano varie alternative: fare una passeggiata a piedi seguendo la costa (il
lungomare vero e proprio, dotato cioè di passaggio lastricato e di balaustre,
non c’era), guardare la tv presso quei pochi ospiti del camping che avevano il
televisore portatile; andare a vedere un film nel cinema all’aperto poco
distante; fare una capatina in macchina nel centro di Marina di Carrara, dove
si parcheggiava l’auto e si facevano quattro passi a piedi.
Proprio
nel centro della località toscana assistemmo ad una scena divertente, che
ancora oggi rallegra le nostre chiacchierate a base di ricordi. All’uscita da
una trattoria c’era un signore, abbastanza avanti con gli anni e con addosso la
maglietta a strisce orizzontali tipica dei marinai; era palesemente ubriaco,
come si evinceva dallo sguardo assente e dai movimenti imprecisi, e
all’improvviso si mise a cantare ripetendo il ritornello: “Voglio un bel piatto
di gnocchi! Voglio un bel piatto di gnocchi!”.
In
quegli anni non si era ancora diffusa la moda, che a volte è diventata mania,
dei viaggi esotici, delle vacanze da passare a tutti i costi all’estero o
comunque in un posto diverso da quello dell’anno precedente. E così ogni anno
al Bungalow Park trovavamo quasi tutte le famiglie degli anni prima, cosicché
anche in vacanza sembrava di essere a casa, in mezzo a persone conosciute, in
una sorta di grande famiglia in cui il rilassamento delle ferie consentiva
l’intrecciarsi di chiacchiere e conoscenze più aperte e distese di quelle che
si coltivano nel periodo lavorativo dell’anno.
Le
famiglie provenivano per lo più da zone limitrofe alla provincia di Carrara: da
Parma e da Reggio Emilia, da Prato e da Firenze. Ma c’erano anche i Piemontesi,
come noi e come la famiglia di Luigi, che con moglie e due figli ancora bambini
veniva da Abbadia Alpina (frazione del Comune di Pinerolo, nel Torinese).
Sono
tanti i ricordi di cose belle legate a Luigi.
A lui
devo la scoperta di due settimanali allora molto in voga (“L’Intrepido”, più
orientato verso lo sport, e “Il Monello”, più orientato verso il mondo dello
spettacolo) e in particolare delle avventure a fumetti in essi contenute, come
Iber, Ghibli e il mitico Billy Bis.
In
un’epoca in cui i bungalow non erano dotati di televisore e non tutti avevano
il portatile, era da Luigi che andavo a vedere qualche film o qualche evento
sportivo. Il riunirsi attorno ad un apparecchio televisivo era allora anche una
forma di aggregazione, a differenza del giorno d’oggi, in cui la tv per lo più
isola le persone.
Fu
insieme a Luigi che nel 1972 vidi un esaltante e drammatico Mondiale di
Ciclismo vinto da Marino Basso, che bruciò sul traguardo Franco Bitossi,
raggiunto a pochi centimetri dal traguardo dopo una lunghissima fuga solitaria.
Sullo sport in tv Luigi sosteneva che gli spettacoli più belli erano le
riunioni di atletica leggera (che d’estate andavano in onda quasi tutti i
mercoledì sera) e di ciclismo su pista (oggi praticamente sparite dai
palinsesti televisive).
Grande
tifoso del Torino, Luigi era solito discutere di calcio, soprattutto con gli
juventini. Ma sempre con ironia e senza cattiveria: in quegli anni il tifo non
era ancora avvelenato dall’odio e dalla volgarità. E gli scherzi erano fatti da
amico ad amico, per divertire e non per ferire.
Ricordo
quella volta in cui il signor Gualtiero, proprietario del camping e tifosissimo
bianconero, la mattina dell’arrivo di Luigi e della sua famiglia gli fece
trovare una foto della Juventus attaccata alla porta del bungalow da lui
prenotato.
Uno
scherzo un po’ più pesante glielo fecero durante una delle vacanze successive.
Luigi aveva preso un cane, un bel meticcio bianco di nome Tarzan. Or bene,
qualche juventino del campeggio gli sequestrò per alcuni minuti la simpatica
bestiola e gli dipinse sul corpo delle strisce con della vernice nera,
facendolo così diventare un cane juventino. Superfluo aggiungere che, quando
Tarzan venne liberato e tornò da suo padrone, Luigi provvide subito a lavarlo,
per lavare … l’onta.
A
proposito di Tarzan, come non concludere questo post senza menzionare un
episodio spassosissimo che vide Luigi come protagonista? Eravamo andati al
cinema all’aperto per vedere un film su Tarzan e, dopo aver fatto i biglietti,
stavamo aspettando che aprissero le porte; a un certo punto Luigi si mise a
fare l’imitazione di Cita e lo fece talmente ben che sembrava proprio uno
scimpanzé!