A 23 anni
d'età mi venne praticata la prima anestesia locale per curare i denti.
Essendo io
disabile e poiché la mia spasticità non ha mai reso agevole le mie cure
dentarie, per la mia famiglia fu un vera odissea trovare un odontoiatra
disposto a prendersi cura dei miei denti. Da bambino ero sì andato da un
dentista in un paio di circostanze ma quello specialista ci aveva chiaramente
detto che non aveva piacere di occuparsi di me. Fu dunque giocoforza, da
ragazzo, farmi curare i denti in anestesia totale alla clinica odontoiatrica
dell'Ospedale Molinette; il che mi procurava la poco piacevole necessità di
finire in anestesia generale per cure che altrimenti non l'avrebbero comportata
e l'obbligo, per evitare di fare una narcosi totale per un solo dente, di
"accumulare" tre o quattro denti cariati, con l'inevitabile
conseguenza che le prime carie comparse sarebbero nel frattempo scese in
profondità.
Poi, per
mia fortuna, nel 1983 trovammo due odontoiatri, i fratelli dottori Dino e Paolo
Cimma, disposti a curarmi i denti e da allora non ho più avuto bisogno di
finire sotto anestesia totale per un'otturazione o una devitalizzazione. Come
disse un giorno in dottor Dino, nel mio caso bastava avere un po' più di
pazienza e un po' più di tempo e per il resto non c'erano problemi di sorta.
Devo a
loro se in bocca ho ancora quasi tutti i denti.
Queste
frasi servano per manifestare al dottor Dino e al dottor Paolo tutta la mia
gratitudine.
Ma
torniamo alle iniezioni "dentarie".
La prima
anestesia locale in bocca me la fece il dottor Dino, per
"addormentare" un incisivo che andava trapanato in profondità. Non mi
fece alcun male, naturalmente, e con sollievo constatai che dopo l'iniezione il
trapano non mi procurava alcun fastidio né tantomeno arrecava alcun dolore.
La cosa
filò liscia per un bel po' di sedute, col dottor Dino che mi chiedeva:
"Vuoi l'anestesia?", e io che gli rispondevo con convinzione:
"Sì".
Ma la
legge dei grandi numeri non sempre si manifesta in modo positivo, come ad
esempio far vincere la tua squadra di calcio preferita dopo 45 sconfitte
consecutive. E così, nel caso delle anestesie locali dentista, la legge dei
grandi numeri si tradusse in episodi in cui patii un male pazzesco.
A
cominciare da quando per la prima volta mi imbattei nella tronculare.
La quale è
quell'anestesia che, praticata nell'arcata dentaria inferiore in un punto oltre
l'ultimo molare di destra o di sinistra, ha come fine quello di anestetizzare
il nervo che si dipana lungo la mandibola. Questo perché per i molari e in
determinati casi anche per i premolari non basta anestetizzare l'area attorno
al dente da curare, in quanto esso è in qualche modo a contatto col nervo
"mandibolare".
Il lato
antipatico della tronculare non è l'ago lungo della siringa, che serve per
raggiungere il fondo della bocca ma un effetto collaterale che a volte si
presenta e di cui in quell'occasione ero ancora del tutto all'oscuro.
Fatto sta
che, quando il dottor Dino, che doveva estrarmi la radice di un molare, preparò
la siringa, io aprii la bocca tutto rilassato e contento.
Qualche
attimo dopo, però, quando aveva già infilato l'ago nella gengiva, sentii una
vera e propria scossa, alquanto dolorosa, corrermi lungo la mandibola.
Naturalmente urlai: sono un tipo stoicamente ipersensibile al dolore.
Il dottor
Dino allora mi spiegò che a volte, quando l'ago tocca direttamente il nervo
della mandibola, provoca un dolore simile a quello di una scossa elettrica. Non
sempre, perché se si inietta l'anestetico in un punto dove l'ago non raggiunge
il nervo, l'iniezione non causa alcuna sensazione di scossa.
Non mi
fece invece alcun male la prima tronculare che mi fece il dottor Paolo. Ma la
sua origine fu tutta da ridere. A posteriori, naturalmente.
Accadde il
31 dicembre 1984: certi eventi, si sa, ti segnano talmente che a distanza di
anni te ne ricordi anche la data.
Quella fu
la prima volta, che però non fu purtroppo l'ultima, che ebbi un problema
odontoiatrico in un periodo festivo. Capita di avere dei problemi nei giorni
meno indicati, in cui si rischia di non trovarvi soluzione.
Meno male
che i dottori Cimma si sono sempre mostrati disponibili a ricevermi in seguito
alle emergenze. Anni dopo, in un'altra occasione (anch'essa durante le
Festività Natalizie), il dottor Paolo addirittura aprì lo studio apposta,
interrompendo oltretutto le vacanze, per mettermi a posto un morale. Da persona
signorile qual è, non me lo disse per non farmelo pesare ma io lo capii
ugualmente.
Ma
torniamo al giorno di san Silvestro del 1984.
Mi si era
rotto un premolare inferiore: era saltata sia l'otturazione che un pezzo di
dente; il premolare era ridotto a uno spuntone acuminato e mi faceva pure male.
In
quell'epoca, a curarmi i denti era il dottor Dino e lo sarebbe stato ancora per
un po' di anni, prima che si ritirasse e dello studio il dottor Paolo divenisse
l'unico titolare.
Quella
mattina però, sia per la data prefestiva, sia perché la mia era un'emergenza e
quindi mi aveva ricevuto senza appuntamento, il dottor Dino era occupato con
altri pazienti e chiese a suo fratello di prendersi cura di me.
Come
accade all'inizio di ogni seduta, il dottor Paolo prese in mano i due strumenti
che servono per ispezionare i denti: lo specchietto e li specillo.
Quest'ultimo è costituito da un
manico con ad entrambe le estremità una punta aguzza e ricurva a mo' di uncino, che serve ad entrare
nel dente per togliervi residui di otturazione o parti cariate. Se poi la punta
incontra la parte del dente sensibile portata allo scoperto, l'escavatore
diventa efficace come un radiotelescopio. Nel far vedere le stelle.
E fu così
che, quando il dottor Paolo toccò con lo specillo la polpa del mio molare,
cacciai fuori un urlo che al confronto Tarzan faceva la figura dell'afono.
Ma,
d'istinto, chiusi di scatto la bocca e diedi al dottor Paolo un morsicone tale
che la punta acuminata di quel mio premolare fece il suo deciso ingresso in un
polpastrello del buon odontoiatra.
Risultato:
anche il dottor Paolo cacciò fuori un urlo che al confronto Tarzan faceva la
figura dell'afono.
Anzi,
poiché presumo non passò più di un decimo di secondo fra una sensazione di
dolore all'altra e quindi anche da un urlo all'altro, le due manifestazioni
vocali di male pazzesco si fusero in un unico urlo bestiale.
Ripresomi
quasi subito dal dolore, vidi che il dottor Paolo si stava ancora tenendo il
dito morsicato, sul cui polpastrello si vedeva un taglio di circa un
centimetro.
Dopo che
si ebbe suturato il polpastrello con un cerotto, prese in mano la siringa
dell'anestesia locale e dall'ago lungo compresi subito la crudele realtà:
TRONCULARE!
Esclamai:
"Oh, no!".
In tutta
risposta, il dottor Paolo disse deciso: "Oh, sì!". E mi fece
l'iniezione.
Che però
non mi fece alcun male.
Nove anni
dopo, essendo le condizioni di quel premolare peggiorate, il dottor Dino decise
di devitalizzarmelo. Temevo la tronculare ma, dopo aver fatto la preliminare
verifica con lo specchietto, egli mi disse: "Bene, è un premolare, come
anestesia non c'è bisogno di una tronculare, basta una locale".
Tirai un
sospiro di sollievo ma, dopo essere tornato a casa, mi venne il dubbio:
"Quel fatidico 31 dicembre 1984, il dottor Paolo mi aveva fatto la
tronculare per quel premolare perché era solito farla a tutti o per vendicasi
del morsicone che gli avevo appena dato?".
Non avrò
mai una risposta certa a sì angosciante dilemma esistenziale ma il fatto che
non mi aveva fatto male e che, in anni più recenti, mi fece la tronculare per
un altro premolare depone per una legittima diversità di scelta fra odontoiatri
e non per un attacco di vendicativo sadismo da parte del dottor Paolo.
Quanto al
dottor Dino, mi fece anch'egli altre volte la tronculare. In una di queste, mi
confortò dicendomi: "Coraggio, è sempre meglio di una martellata su un
dito".
Non fui
d'accordo ma non glielo dissi, anzi, mi misi pure a ridere (anche se di ridere
non avevo voglia per niente) per non mostrarmi fifone e affrontai stoicamente
l'ennesima sfida col dolore della possibile scossa lungo la mandibola.
Diciamo
che c'è martellata e martellata. Sicuramente la tronculare è molto meglio di
una martellata sui coglioni (non foss'altro perché quest'ultima ha degli
sgradevoli ed irreversibili effetti collaterali); quanto però alla martellata
su un dito, francamente allora l'avrei preferita alla tronculare.
Non che le
locali (le anestesie limitate alla zona del dente da mettere a posto) siano
sempre indolori.
Capita a
volte che un dentista e, quel che è peggio, un paziente si imbattano in uno
stock di fiale di anestetico inefficaci.
Una sera
il dottor Dino doveva trapanarmi un premolare superiore. Mi fece le due
proverbiali punture, una sulla gengiva esterna e l'altra su quella esterna,
lasciò passare i minuti necessari all'anestetico per fare effetto, iniziò a
trapanare e, appena giunse alla polpa, cacciai fuori un urlo.
Ritenendo
di non avermi iniettato sufficiente anestetico, inserì un'altra fiala nella
siringa e mi fece due nuove punture. Con lo stesso effetto: appena toccata la
polpa, mi esibii in un nuovo urlo di Tarzan.
Fece un
terzo tentativo. Identica sorte. Lamentandosi delle fiale difettose, mi fece
alzare dalla poltrona e mi diede appuntamento per la settimana successiva.
Quando le
cose filarono lisce: l'anestetico fece subito effetto e il dottor Dino poté
trapanarmi il premolare senza alcun problema e, soprattutto, senza alcun urlo
bestiale da parte mia.
A un certo
punto il dottor Dino smise di occuparsi di odontoiatria e anch'io passai alle
cura del dottor Paolo.
Accadde
però che, pochi mesi dopo, incappai in una nuova emergenza: un male cane a un incisivo inferiore. Recatomi
allo studio, vi trovai il dottor Dino, che salutai con vivo piacere.
Il dottor
Paolo mi aveva trovato un buco fra un appuntamento e l'altro ma, visto che il
dottor Dino era lì, si misero d'accordo che quest'ultimo si sarebbe preso cura
di me.
Effettuata
la valutazione del dente, il dottor Dino mi disse che l'unica cosa da farlo era
toglierlo.
La cosa
non mi turbò più di tanto: ho una dentatura un po' strana, coi denti inferiori
che, dagli incisivi ai canini, sono più piccoli di quelli superiori, tant'è che
anche quando sorrido non si vedono e inoltre, gli incisivi non mi avevano mai
aiutato a masticare a dovere. La prospettiva di privarmene di un altro (quelli
centrali mi erano stati estratti già nel 1979, prima di conoscere i dottori
Cimma) non mi creava alcuna angoscia.
Inoltre,
avevo molto dolore da giorni e, come si suol dire, quando si ha male anche il
rimedio più drastico non solo non è detestato ma, anzi, è auspicato.
Infine,
per gli incisivi l'anestesia praticata è la locale, non la temuta tronculare.
Anche
questa volta, però, feci i conti senza l'oste, che in quel caso era
rappresentato da un processo chimico che, in presenza di un ascesso o comunque
di un'infiammazione a denti e gengive, porta l'anestesia a non sortire
efficacia alcuna.
E fu così
che, appena il dottor Dino prese in mano le proverbiali tenaglie e provò a
strapparmi via il dente, mi misi ad urlare.
Anche in
questo caso, seconda iniezione e seconda attesa che l'anestetico facesse
effetto. Poi, al secondo tentativo di estrarre il dente, nuovo urlo da spennato
vivo.
Vuoi la
guerra? - Si dice. - E guerra sia!
Il dottor
Dino passò alla tronculare. Ormai il terrore delle tenaglie si era talmente
impadronito di me che benedii anche la tronculare e quasi non avvertii la
scossa che mi diede al nervo della parte sinistra della mandibola.
Nuova
attesa di qualche minuto, nuovo tentativo di strappata e nuovo acuto da
urlatore da parte mia. Tony Dallara, al mio confronto, era già diventato un
sussurratore di frasi gentili alle orecchie delle signore.
Vidi
un'espressione sconsolata negli occhi del dottor Dino.
Fu allora
che Patrizia, l'infermiera di sala, gli suggerì: "E provare con
l'intraligamentare, dottore?".
Termine
ostrogoto per indicare quell'iniezione che prevede la penetrazione dell'ago in
profondità infilandolo fra il dente e la gengiva.
Il dottor
Dino accolse il suggerimento e mi fece l'intraligamentare. Un male pazzesco! E
un nuovo urlo da parte mia, di intensità direttamente proporzionale al dolore
pazzesco. Sarebbe stato molto meglio se mi avesse dato una martellata su un
dito e francamente non credo che un calcio nei testicoli mi avrebbe fatto meno
male. Calcio inguinale comunque sempre da evitare, per via degli irreversibili
effetti collaterali.
Subito
dopo, però, avvertii delle sensazioni positive: il dente sembrava finalmente
desensibilizzato e non avvertivo più dolore alla già tanto martirizzata area.
Il dottor
Dino prese allora di nuovo in mano le tenaglie e finalmente riuscì ad estrarmi
il dente, senza farmi alcun male.
Col senno
del poi, sarebbe stata molto meglio l'anestesia che Padre Pedro (Bud Spencer)
pratica nel film Porgi l'altra guancia
per levare un dente: una botta in testa e il dente viene strappato via prima
che il paziente riprenda conoscenza.
Ero
talmente sollevato dalla fine delle torture che mi misi a profondermi in
sinceri ringraziamenti al dottor Dino per aver posto fine alle mie sofferenze
dentarie.
Mi ero già
alzato dalla poltrona quando entrò il dottor Paolo dalla sala vicina dove stava
curando un'altra persona e, riferendosi alle mie urla di dolore, ci disse
ridendo: "Mi fate scappare tutti i pazienti!".
In
effetti, essere in sala d'attesa e sentire le urla di dolore è sotto le cure di
un odontoiatra non è il massimo per prepararsi psicologicamente al meglio per
la seduta.