giovedì 9 luglio 2015

Le ricerche al posto delle interrogazioni

A distanza di tanti anni non ricordo più se l'idea di proporre qualche volta ai professori di presentare una ricerca al posto della tradizionale interrogazione venne a me oppure ad Antonio. Di sicuro, fu un'idea geniale, anche perché i "prof." abboccarono sempre.
Perché geniale? Innanzitutto perché così si evitava la sempre rischiosa interrogazione. Poi perché si studiava di meno e su un argomento limitato, su cui ci si poteva preparare bene. Infine, perché si poteva ricorrere a furbate che rendevano la cosa ancora più facile e ci arrecavano il sommo piacere di prendere per i fondelli i professori.
Come avveniva tutto ciò? Iniziamo dalla nostra prima, ehm, ricerca.
Io, Antonio e Richetto preparammo un breve scritto sull'evoluzione della lingua tedesca (Die Entwicklung der deutschen Sprache), il quale ricerca non era per niente, limitandosi ad alcune pagine scopiazzate da un'enciclopedia italiana e poi da noi tradotte in tedesco.

Un bel mattino ci presentammo dalla prof.ssa Buzzelli, nostra docente di Tedesco, in quanto eravamo nella lista delle interrogazioni programmate per quel giorno e le chiedemmo se al posto dell'interrogazione potevano esporre una nostra ricerca sull'evoluzione della lingua tedesca.
La furbata sembrò franare miseramente perché intervenne la nostra compagna di classe Chiare, la quale manifestò il suo disaccordo sostenendo che così ci saremmo evitati l'onere di rispondere sul programma di Tedesco. Aveva capito l'antifona, la scaltra.
Per nostra fortuna, la prof.ssa Buzzelli ignorò l'obiezione di Chiara e ci fece esporre i risultati della nostra "ricerca". Voto: 8 a tutti e tre.
L'episodio avvenne in Seconda.

L'anno scolastico successivo, ci riprovammo con la prof.ssa Pradelli Portius, nostra insegnante di Conversazione in Tedesco.
Questa volta, memori dell'obiezione di quella rompiscatole di Chiara, giocammo d'anticipo: non ci presentammo dalla "prof." con la ricerca fatta ma le chiedemmo il permesso di farla e poi di farci interrogare su di essa.
L'argomento era le piattaforme petrolifere del Mare del Nord (Die Bohrinseln) e la "motivazione" era che uno zio di Richetto lavorava su una di esse.
Era una balla colossale. Tanto più che i genitori di Richetto erano entrambi figli unici e, di conseguenza, Richetto non aveva zii.
Fatto sta che, nel sentire Antonio dire con la più soave faccia tosta: "Sa, professoressa, uno zio di Richetto lavora su una Bohrinsel e quindi potremmo anche telefonargli per chiedere qualche informazione", io scoppiai a ridere.
Allora la prof.ssa Pradelli Portius mi chiese: "Perché ride, scusi?".
E Antonio intervenne prontamente a tappare il buco: "Niente, forse stava pensando a una barzelletta".
Allontanatici dalla docente, Antonio mi redarguì con veemenza: "Ma che cosa combini, collega?! Per poco non rovinavi tutto!".
Io e Antonio all'epoca ci chiamavamo reciprocamente con quel titolo non perché ci riferissimo all'essere compagni di classe (gli studenti non sono lavoratori) ma perché coltivavamo entrambi l'aspirazione a diventare professori di Religione. Chiariamo la cosa: di quella materia non ci importava granché; la verità è che avevamo sotto gli occhi fior di luminosi esempi di docenti di Religione che prendevano lo stipendio senza fare un c..., limitandosi a passare le ore a chiacchierare amabilmente con gli studenti o a raccontare ed ascoltare barzellette. Intendiamoci: in quegli anni non erano solo quelli di Religione gli insegnanti che non si ammazzavano di fatica.
Tornando alle Bohrinseln, il mio improvvido scoppio di risa dovette turbare alquanto i sonni di Antonio, tant'è vero che, la settimana successiva, prima di iniziare l'esposizione della "ricerca" (anch'essa frutto di scopiazzatura + traduzione), mi prese da parte e mi disse in tono perentorio: "Mi raccomando: non metterti a ridere".
L'esposizione andò bene, io non scoppiai a ridere e prendemmo tutti e tre un altro bel voto.

Ovviamente, la furbata della "ricerca" andava praticata col contagocce: una sola volta per ogni docente e solo per i docenti "raggirabili".
Io vi ricorsi altre due volte, in Seconda.
In Fisica, portando una ricerca sulla fotografia. Il prof. Sciacca non era tipo da farsi fregare ma mi ero preparato a dovere e non corsi rischi.
Decisamente meno bene andò al mio compare, che in quella occasione era Giorgio. Non ricordo più su quale argomento presentò la ricerca ma non doveva avere studiato quasi niente e quando il "prof." entrò nei dettagli con domande pertinenti, Giorgio fece una figuraccia, facendo ridere tutti, compreso il prof. Sciacca.
Il quale gli diede magnanimamente un 6, non si sa per umana compassione o se perché si era divertito un mondo a vederlo arrampicarsi sugli specchi sparando una cazzata dietro l'altra.

L'altra "ricerca" fu di Geografia. Ma questa volta era stata la prof.ssa Barra che, di sua iniziativa, ci aveva detto di portare al posto della seconda interrogazione del secondo quadrimestre una ricerca su un capitolo del programma scolastico.
A questo punto occorre fare un salto in dietro di qualche mese per spiegare l'antefatto alla mia audacia.
La prof.ssa Barra, scusate la crudezza, era una stronza: completamente priva di senso dell'umorismo, non ebbe verso di noi un solo momento di umana comprensione.
Il povero Giorgio ne fece le spese più di tutti, perché ad ogni rilievo della stronza si metteva a battibeccare con lei, col solito, immutabile risultato: venire cacciato via dall'aula con una nota sul registro.
Tant'è che, una volta, esasperato, alla fine dell'ora di Geografia, Giorgio rientrò in classe, andò a leggere sul registro il contenuto della nota: "Giorgio viene espulso dall'aula per aver risposto in modo irriguardoso alla docente", e aggiunse di suo pugno: "E la profia rompe".
Quel suo pur giustificato sfogo avrebbe potuto costargli molto caro ma per fortuna Chiara si accorse della pepata aggiunta e gliela fece cancellare, facendogli capire che una cose del genere poteva anche procurargli una sospensione se non addirittura di peggio.
Una mattina era in programma la visita alla borsa valori di Torino, con la partenza del pullman prevista per le 8,30.
La prima ora di lezione, con inizio alle 8, era di Geografia.
La prof.ssa Barra entrò in aula e disse: "Bene, poiché fra mezz'ora dovete andare via, invece di fare lezione oggi interrogo".
Naturalmente, presumendo che quel giorno non ci sarebbero state lezioni, nessuno di noi si era preparato, tanto più che non era giorno di interrogazioni programmatiche.
Proteste generali ma la profia fu inflessibile: bisognava interrogare.
Ora, ce l'hai un'anima? E' giorno di uscita per imparare qualcosa ed è logico che gli studenti non siano preparati, visto l'orario di partenza del pullman. Un minimo di comprensione non sarebbe costato alcunché.
Invece no: la prof.ssa Barra fu inflessibile e, siccome nessuno si offrì come volontario, tirò a sorte.
Fra i quattro malcapitati che di solito venivano interrogati, venni sorteggiato anch'io.
E anch'io, come le mie tre compagne di classe tirate in ballo, cercai vanamente di spiegarle che non avevo studiato perché credevo che non ci fosse stata lezione.
La stronza allora mi disse: "Se ti rifiuti di venire, ti do 4".
Allora Antonio mi consigliò: "Senti, 4 è il voto minimo che dà alle interrogazioni. Se anche non sai niente, non prendi di meno di quanto ti darebbe a non andare a farti interrogare, quindi non hai niente da perdere. Vai e vedrai che comunque qualcosa riuscirai a dire e limiterai i danni".
Lo ascoltai e feci bene.
La prof.ssa Barra aveva un modo maniacale di interrogare: faceva il giro dei quattro studenti ponendo loro rispettivamente quattro domande ovvero quattro giri di quattro domande e dopo ogni risposta segnava su un foglio di carta il punteggio parziale, da 0 a 2; a interrogazioni concluse, di ogni studente faceva la somma dei quattro punteggi parziali, a cui aggiungeva 1; se il risultato totale era meno di 4, dava comunque 4; il voto massimo era 9 cioè 2+2+2+2+1.
Voi capirete che una così patologicamente malata di punteggi non poteva non essere acida e priva di comprensione umana. E nemmeno possedere un po' di senso dell'umorismo, perché se ne avesse avuto un briciolo si sarebbe risa in faccia da sola per le seghe mentali che si faceva coi punteggi delle interrogazioni.
Fatto sta che, quando mi fece la prima domanda, feci come fanno tutti gli studenti impreparati di questo mondo cioè dissi la prima cosa che mi passava per la testa e in questi casi la prima cosa che ti passa per la testa al 99 % è una cazzata. In effetti, dissi una cazzata e proseguii a sparare cazzate.
Ma Guccini non mi ha citato ne L'avvelenata. D'altronde, eravamo nel 1975 e l'album Via Paolo Fabbri 43 sarebbe uscito l'anno seguente: il Maestrone non poteva sapere che io meritavo più di Bertoncelli di essere citato.
Quella era la mia prima interrogazione di Geografia con la prof,ssa Barra e, quando finii di rispondere, notai con mio sommo sbalordimento che sul foglietto mi aveva assegnato un punteggio esageratamente alto.
Ne dedussi con mio sollievo che forse avrei potuto rimediare la sufficienza e che la profia beveva ogni cretinata che sentiva.
Così ringalluzzito, quando venne il mio turno per la seconda, la terza e la quarta domanda, sparai delle cazzate galattiche con una sicurezza che non avevo avuto all'inizio.
Il risultato fu che presi un 8-. Voto esaltante per uno che era completamente impreparato.
Da quel giorno, per quell'anno scolastico (il solo che avemmo la prof.ssa Barra come docente) non studiai più Geografia: andavo a farmi interrogare, sparavo balle a tutto spiano e prendevo voti alti.
Lo stesso accadde nel giorno in cui esposi la mia "ricerca" di Geografia.

Per la verità, in quella occasione il raggiro non fu premeditato. Ero in classe e stavo ascoltando distrattamente una mia compagna di classe mentre esponeva la sua ricerca, quando mi venne l'intuizione: "E se provassi anch'io? Così mi toglierei di torno questa seccatura".
Allora presi il libro di testo di Geografia, mandai a memoria le due pagine di un capitolo e mi recai alla cattedra chiedendo alla credulona se potevo esporre anch'io la mia ricerca, sfruttando anche il fatto che ci aveva detto di non preparare alcun testo scritto ma di riferirlo verbalmente.
E così cominciai ad infarcire le cose vere che avevo appena letto sul libro di testo con cazzate spudorate dette con la massima affettazione di dire le cose più serie del mondo.
Se ricordo bene, la profia mi diede un 9 ma la gioia per il bel voto fu minore della soddisfazione di averla presa per i fondelli.

L'ultima nostra esperienza con le ricerche avvenne in Quinta, quando il prof. Belotti (Tecnica Aziendale) ci disse di prepararne una sulla Rivoluzione Industriale.

Ci divise in gruppetti, ognuno dei quali venne incaricato di reperire i dati della Rivoluzione Industriale in una regione del mondo ovvero numero di abitanti dei Paesi di quella regione, numero di industrie, numero di chilometri delle ferrovie, etc.
A me, Antonio e Richetto il prof. Belotti assegnò la Rivoluzione Industriale nell'America Latina.
Ci facemmo un mazzo così come i nostri compagni di classe, andando a spulciare polverosi ed enormi volumi nelle biblioteche? Certo che no! Semplicemente, ce li inventammo di sana pianta, badando solo a rispettare le dimensioni geografiche dei singoli Stati: per il Brasile ci inventammo dati superiori a quelli che ci inventammo per l'Argentina, per l'Argentina dati superiori a quelli per il Cile, per il Cile dati superiori a quelli per l'Uruguay, e così via.
Naturalmente, il prof. Belotti prese per oro colato i dati da noi scritti sul prospetto che gli consegnammo.