martedì 7 ottobre 2025

Il barbone


Ha due sandali come scarna calzatura e gambe nude a malapena coperte da un cappotto preso chissà dove, scarto di chi problemi non ha.

Il gelo invernale ha per dura coperta, l'afa estiva per opprimente mantello; ai passanti chiede all'aria aperta una moneta, con o senza cartello.

Barbone, clochard, vagabondo: in fondo, è lui il padrone del mondo, perché su nulla ha la proprietà, e solitario gira qua e là.

Porta con sé una storia unica, perché ognuno è diverso dagli altri, eppure uguale a molte persone, a cui la stessa sorte lo accomuna.

Difficile pensare che la sua sia stata una libera scelta, fortemente voluta; il suo errare da un corso a una via di certo nasce da un fallimento.

Poco importa sapere di lui quale passato l'ha portato all'aperto; quel che preme è l'avere presenti le tante porte che chiuse ha trovato: porte che l'hanno escluso da un mondo, che aveva creduto fosse suo per sempre; porte che ora gli negano aiuto, per risollevarsi da un colpo subito.

Egli è l'immagine nascosta da noi, che non vogliamo agli altri guardare, che non vogliamo gli altri ascoltare, presi come siamo solo da noi stessi.

Davanti a lui potremo in fretta passare, per negargli due soldi, un sorriso; oppure potremo dargli l'elemosina, illudendoci che sia atto da Paradiso.

Ma la nostra coscienza non si pulirà e il mondo non diventerà più bello fino a quando il giorno arriverà in cui lo sentiremo come un fratello. 

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