Poeta
maledetto, eroico fu il tuo verseggiare, con l’ombra della Morte a seguire ogni
tuo passo.
Fame ti
spinsero a vivere con un piede, forse con tutti e due, nell’illegalità. Furti,
risse, osterie malfamate dove era facile dare di lama: ecco il mondo che ti
vide spettatore, spesso attore.
Ogni tuo
verso vergato su carta unta d’olio o di vino non fu mai sfiorato da convenzioni
stilistiche, da ricerca di pubblico, ma attinse alla verità della vita.
Quante
volte finisti accoltellato da ceffi peggiori di te o da mariti il cui onore
contribuisti a violare?
Quante
volte pendesti dalla forca per un crimine commesso o per un sonetto sgradito al
Potere?
E quando,
da François Villon diventassi Verlaine, quante volte trascinasti la tua vita
fra miseria quotidiana e assenzio od oppio?
Trasgressioni feconde, che videro il tuo corpo corrodersi per far
sbocciare i sublimi fiori dei tuoi versi.
Chi sono
io in confronto a te, poeta maledetto?
Io non rischio niente, io non mi danneggio quando, nel comodo della mia stanza, delle mie ore libere non minacciate da alcunché, scrivo poesie che non oso paragonare alle tue.
Io non rischio niente, io non mi danneggio quando, nel comodo della mia stanza, delle mie ore libere non minacciate da alcunché, scrivo poesie che non oso paragonare alle tue.
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