Quando, nel
1976, la Rai mandò in onda la serie televisiva su Sandokan, la mia conoscenza
dei romanzi di Emilio Salgari era già alquanto vasta.
Una volta la Fiat per Natale regalava ai
figli dei dipendenti che non frequentavano ancora le Medie Inferiori un pacco
dono, contenente sì dolciumi e giocattoli ma anche libri.
E fu così che, quando frequentavo le
Elementari, trovai nel pacco dono a me destinato "I pirati della
Malesia" di Emilio Salgari. Era il romanzo successivo a quello che aveva
per protagonista Lady Marianna, la Perla di Labuan, e vedeva Sandokan e Yanez
impegnati a proteggere la cugina di Marianna, Ada Corisant.
Poiché il libro mi piacque, i miei
genitori un po' alla volta mi regalarono altri libri di Salgari, sia quelli
aventi per protagonista Sandokan sia altri, inerenti le avventure di pirati e
corsari o ambientati in altri scenari, come Le
pantere di Algeri. Quest'ultimo, però, non fu un regalo dei miei ma me lo
prestò una mia compagna di classe alle Medie Inferiori: naturalmente glielo
restituii.
Dei primi, mi piacque soprattutto Il re del mare, con Sandokan e Yanez già
un po' avanti con gli anni, degli altri apprezzai Gli ultimi filibustieri con l'ineffabile ed istrionico don Barrejo.
Per quel che riguarda il "ciclo
malese", più che Sandokan provai simpatia per Yanez de Gomera, portoghese
dalla flemma tutta britannica.
Nel 1974, la Rai mandò in onda un
programma culturale su Salgari, forse uno dei primi in cui la ricostruzione
storica era intervallata da brani recitati. Ad interpretare Sandokan era
l'allora giovane ma già bravissimo Gigi Proietti.
Fu guardano quel programma che appresi
che i primi romanzi di Salgari non ebbero un esordio "bibliografico",
cioè non vennero stampati come libri ma pubblicati a puntate su alcuni
quotidiani.
Abitudine, questa, che si è persa da
parecchio tempo. Non so se sia un bene o un male: certo, la lettura a puntate
obbliga all'acquisto a puntate, che pone poi il problema di dare una qualche
rilegatura alle parti del romanzo; ma, in un Paese che legge poco come il
nostro, forse avvicinerebbe le persone alla letteratura.
Ricordo che, fra i libri di "Salgari"
che mi regalarono, c'era anche Il Budda
di giada. Di cognome faceva Salgari, e per questo mi fu donato, ma di nome
faceva Nadir: uno dei due figli di Emilio Salgari.
I romanzi di Salgari, scrittore che non
ebbe mai il successo che si meritava e morì suicidandosi, mi furono utilissimi
anche sui banchi di scuola, soprattutto alle Medie Inferiori.
La professoressa di Lettere e Storia ci
incaricava di fare una ricerca su qualche evento o personaggio storico a nostra
scelta? Io attingevo da un romanzo salgariano.
La professoressa di Scienze ci incaricava
di redigere un elenco di piante o di animali? Io prendevo i libri di Salgari e
li scorrevo alla ricerca di nomi di piante o di animali.
In fondo, stavo emulando proprio Emilio
Salgari, il quale trasse scenari geografici e naturalistici non tramite osservazione
diretta ma documentandosi nelle biblioteche pubbliche dove aveva accesso.
Forse qualcuno storcerà il naso ma se uno
scrittore è grande, riesce a trarre profitto anche dalle fonti di seconda mano.
Non posso fare a meno di paragonare
l'esperienza salgariana con la straordinaria avventura storiografica di Jacques
Le Goff, celebre e benemerito studioso del Medio Evo che tantissimo ha dato
alla conoscenza di questo periodo storico senza consultare fonti ma solo
studiando le opere dei medievisti.
Ma torniamo al punto di partenza, cioè
alla serie televisiva della Rai su Sandokan, girata da Sergio Sollima e
interpretata da Kabir Bedi, Carole André e Philippe Leroy. Io, naturalmente,
ero interessato alla storia e anche curioso di vedere come sarebbe stata trasposta
nella versione televisiva ma le mie compagne di classe (all'epoca eravamo
sedicenni) rimasero più che altro colpite dal fascino di Kabir Bedi, anzi,
persero letteralmente la testa per lui: scrivevano il suo nome sulle loro
borse, sui braccialetti di cuoio, incollavano le sue foto sui loro diari, etc.
Una volta, non so chi ebbe l'idea,
vollero truccare uno di noi compagni di classe da Sandokan. Mi offrii come
volontario: con le matite del trucco mi ombreggiarono la zona degli occhi e mi
disegnarono un punto in mezzo alla fronte (cosa questa, ehm, più indiana che
malese ...), e per completare l'opera una di esse mise a disposizione un suo
foulard e me lo avvolsero sul capo come un turbante. Mancava solo la barba, che
all'epoca non mi era ancora cresciuta in modo soddisfacente. Ah, se in quegli
anni fosse stato possibile fare i selfie! Ne avrei avuto dei bei souvenir.
Mi offrii volontario per quella simpatica
mascherata, certo, ma qualche settimana prima avevo giocato in bel tiro alle
mie compagne di classe: essendo io già allora un buon conoscitore delle vicende
di Sandokan e non avendo invece esse in precedenza mai letto alcunché di
Salgari, carognescamente già dopo la seconda puntata della serie televisiva mi
premunii di informarle che alla fine Marianna Guillonk sarebbe morta. Ci
rimasero un po' male.
Visto l'enorme successo della serie
televisiva, le imprese di Sandokan videro quasi subito un sequel
cinematografico, "La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa!",
girato dallo stesso Sollima e sempre interpretato da Kabir Bedi e Philippe
Leroy.
Poi, una ventina d'anni dopo, Mediaset
produsse una nuova serie televisiva, "Il ritorno di Sandokan", con
Kabir Bedi e Fabio Testi.
Nella scelta del cast, vi fu una garbata
ma a mio avviso ugualmente fondata polemica da parte di Philippe Leroy,
sostituito da Testi nel ruolo di Yanez in quanto giudicato "troppo
vecchio". Bravissimo Testi, sia ben chiaro, ma secondo me Leroy sarebbe
stato ancora il miglior Yanez possibile. Quanto al giudizio sull'età, quello
che fece negli anni successivi (lo ricordo, ad esempio, in un episodio de
"Il commissario Navarro" e in qualche puntata de "Il comandante
Florent") dimostrarono che Philippe Leroy non era affatto "troppo
vecchio".
Quanto ai libri di Salgari, come
purtroppo accade a romanzi a torto ritenuti solo per ragazzi, iniziarono a
prendere polvere nella mia libreria man mano che iniziai a provare altri
interessi.
Già adulto, feci dei volumi salgariani,
insieme a molti altri libri "per ragazzi" che avevo, quello che si
deve fare quando non interessano più: li regalai a una coppia di amici che
aveva due figli sui dieci anni d'età, il periodo giusto per i libri d'avventura
e, in generale, per appassionarsi alla lettura.
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