sabato 6 febbraio 2016

L'investigatore privato

      Chi l’ha detto che uno deve avere il presentimento che sta per succedergli qualcosa che gli sconvolgerà la vita?
      Quella mattina le sue sensazioni erano state assolutamente normali, le stesse di tanti altri giorni: nessun presagio di una terribile mazzata del destino era spuntato nel candido e confortante manto di serenità che ricopriva la sua anima.
      Paparazzo, fotografo, investigatore privato: quante definizioni per il mestiere di chi è pagato per coprire gli altarini, per mettere di fronte a un cliente dubbioso la sua dolorosa realtà adulterina!
      Non aveva mai avuto rimorsi per il suo lavoro; mai si era sentito immerso nell’opprimente sensazione di fare qualcosa di sbagliato, di scorretto. In fondo, si era sempre detto, regalo delle verità ai miei clienti: verità scomode, atroci, ma che prima emergono dall’ombra dell’inganno e della menzogna e meglio è per l’interessato o, come gli accadde più spesso, per l’interessata. Il mio è un lavoro dignitoso e nobile, aveva sempre concluso, basato sull’accertamento della verità dei fatti e non sull’inganno.
      Seguendo questa filosofia, si era sempre premurato di fornire ai clienti prove al di là di ogni ragionevole dubbio, cestinando tutti quegli sguardi, quei gesti, quegli atteggiamenti che, guardando le foto con un certo pregiudizio della mente, potevano anche sembrare prove di un tradimento ma che egli non aveva la certezza che lo fossero.
      A questa norma morale non aveva mai derogato. Ora, poi, con tutte le diavolerie tecnologiche che il mercato metteva a disposizione degli investigatori privati, consentendo loro non solo di filmare o di fotografare ma anche di ascoltare e registrare a distanza, aveva ancora meno possibilità di sbagliare, di scambiare un cordiale rapporto d’affari o una fraterna amicizia per una relazione extraconiugale.
      Mai lo aveva sfiorato il sospetto che, forse, in un certo numero di casi un adulterio non smascherato avrebbe potuto sgonfiarsi da sé, rimanere confinato nel silenzio della (cattiva) coscienza di un marito o di una moglie, di un compagno o di una compagna, restare un piccolo intermezzo senza alcuna importanza affettiva, un momento di debolezza: la temporanea interruzione di un’unione che, senza l’emergere della scappatella, avrebbe potuto riprendere solida come prima, forse addirittura più solida di prima.
      Mai lo aveva interessato sapere quante tragedie, quante esplosioni di dolore e di risentimenti avevano scatenato i suoi rapporti circostanziati con cui informava i suoi clienti di un tradimento fino a quel momento soltanto sospettato.
      Quella mattina era uscito di casa presto per seguire un caso come tanti: la solita moglie fra i 40 e i 50 anni d’età che, con un misto di imbarazzo e di apprensione nella voce, gli aveva detto che sospettava il tradimento del marito e lo aveva incaricato di trovare le prove dell’adulterio.
      Appostarsi nei pressi dell’abitazione dei due senza dare nell’occhio era per lui pura routine: anni di professione lo avevano ormai abituato ad aspettare senza ansia e senza alcuna tensione, con la macchina fotografica e il radiogoniometro a portata di mano.
      Verso le 8 vide il marito della sua cliente uscire di casa. Dopo qualche scatto fotografico, avviò il motore della sua auto e seguì quella dell’uomo.
      La strada che stava percorrendo alle sue calcagna gli fece intuire di essere sulla pista giusta: non era il tragitto da seguire per raggiungere il suo studio di affermato professionista, il cui indirizzo gli era stato rivelato dalla sua cliente quando le aveva chiesto quel minimo indispensabile di informazioni per iniziare il suo lavoro.
      Dopo tre quarti d’ora di traffico cittadino, l’auto dell’uomo si fermò nei pressi di un elegante bar del centro storico. Il pedinato entrò nel bar, un locale dalle ampie vetrine che consentiva ai passanti di scorgere nitidamente gli avventori seduti ai tavolini: una fortuna per il nostro investigatore che, dopo aver parcheggiato a pochi metri dal bar, poteva osservare il suo obiettivo standosene comodamente seduto in macchina.
      Il pedinato prese dal bancone uno dei giornali messi a disposizione dei clienti del bar, si sedette a un tavolino, ordinò qualcosa a uno dei camerieri e si mise a leggere il quotidiano in attesa dell’arrivo della consumazione.
      Passò circa un’ora. Il nostro investigatore aveva sconfitto quella sensazione di annoiata irrequietezza che lo attanagliava durante i primi anni del suo mestiere quando si trovava a fare i conti con l’esasperante scorrere del tempo, in attesa che succedesse qualcosa che non voleva proprio accadere. Ora, sulla soglia della quarantina, era diventato impermeabile alle lunghe, interminabili attese.
      A un certo punto, nel bar entrò una giovane donna, sui trent’anni d’età. Concentrato com’era sul pedinato, aveva appena intravisto il suo ingresso. Quando però lei si avvicinò al tavolo del marito della sua cliente, che nel frattempo si era alzato, e baciò appassionatamente quest’ultimo sulla bocca, le cose cambiarono. Eccome se cambiarono!
      Infatti si accorse con sgomento che la giovane donna era sua moglie, che egli credeva si fosse recata al lavoro come tutti i giorni. Sì, era proprio lei!
      L’abitudine all’attività investigativa, che faceva sì che egli compisse meccanicamente gesti come azionare il radiogoniometro con registratore incorporato o fotografare a raffica col dito premuto sul pulsante dello scatto a ripetizione, fece sì che la sconcertante verità di sapersi tradito non gli impedisse di raccogliere le prove di un adulterio di cui anch’egli era vittima.
      Scattò foto e ascoltò la conversazione dei due amanti come se fosse in trance ma senza perdere la lucidità di rendersi conto, dagli sguardi e dai gesti dei due e dall’ascolto delle frasi che sua moglie scambiava con l’affermato professionista, di avere davvero le corna.
      Dopo qualche minuto i due si alzarono. Il marito della sua cliente pagò le consumazioni al bar, dopo di che la sua amante lo prese sotto il braccio e uscirono in strada. Prima di incamminarsi, si scambiarono un nuovo, lungo e sensuale bacio che, come si dice in questi casi, non lasciava spazio all’immaginazione.
      Si stavano dirigendo verso la loro alcova? Seguirli sarebbe stato troppo per il nostro investigatore.
      Mogio mogio, con le orecchie abbassate, li guardò allontanarsi; poi avviò il motore della sua auto per avviarsi verso il suo ufficio.
      Ormai aveva abbastanza prove per dimostrare la verità di un tradimento che, questa volta, avrebbe cambiato anche la sua vita.

1 commento:

  1. L'ennesima storia del triangolo o gioco tre che dir si voglia, dove il diretto interessato non sa, fino all'ultimo, di essere il principale protagonista. Ennesima storia dicevamo, dove però l'ironia e la speditezza narrativa del Colombari, Gian Contardo per gli amici, sa riciclarla con maestria, deliziando i lettori, vecchhi o nuovi che siano! VittS

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