Chi l’ha detto che uno deve avere il
presentimento che sta per succedergli qualcosa che gli sconvolgerà la vita?
Quella mattina le sue sensazioni erano
state assolutamente normali, le stesse di tanti altri giorni: nessun presagio
di una terribile mazzata del destino era spuntato nel candido e confortante
manto di serenità che ricopriva la sua anima.
Paparazzo, fotografo, investigatore
privato: quante definizioni per il mestiere di chi è pagato per coprire gli
altarini, per mettere di fronte a un cliente dubbioso la sua dolorosa realtà
adulterina!
Non aveva mai avuto rimorsi per il suo
lavoro; mai si era sentito immerso nell’opprimente sensazione di fare qualcosa
di sbagliato, di scorretto. In fondo, si era sempre detto, regalo delle verità
ai miei clienti: verità scomode, atroci, ma che prima emergono dall’ombra
dell’inganno e della menzogna e meglio è per l’interessato o, come gli accadde
più spesso, per l’interessata. Il mio è un lavoro dignitoso e nobile, aveva
sempre concluso, basato sull’accertamento della verità dei fatti e non
sull’inganno.
Seguendo questa filosofia, si era sempre
premurato di fornire ai clienti prove al di là di ogni ragionevole dubbio,
cestinando tutti quegli sguardi, quei gesti, quegli atteggiamenti che,
guardando le foto con un certo pregiudizio della mente, potevano anche sembrare
prove di un tradimento ma che egli non aveva la certezza che lo fossero.
A questa norma morale non aveva mai
derogato. Ora, poi, con tutte le diavolerie tecnologiche che il mercato metteva
a disposizione degli investigatori privati, consentendo loro non solo di
filmare o di fotografare ma anche di ascoltare e registrare a distanza, aveva
ancora meno possibilità di sbagliare, di scambiare un cordiale rapporto d’affari
o una fraterna amicizia per una relazione extraconiugale.
Mai lo aveva sfiorato il sospetto che,
forse, in un certo numero di casi un adulterio non smascherato avrebbe potuto
sgonfiarsi da sé, rimanere confinato nel silenzio della (cattiva) coscienza di
un marito o di una moglie, di un compagno o di una compagna, restare un piccolo
intermezzo senza alcuna importanza affettiva, un momento di debolezza: la
temporanea interruzione di un’unione che, senza l’emergere della scappatella,
avrebbe potuto riprendere solida come prima, forse addirittura più solida di
prima.
Mai lo aveva interessato sapere quante
tragedie, quante esplosioni di dolore e di risentimenti avevano scatenato i
suoi rapporti circostanziati con cui informava i suoi clienti di un tradimento
fino a quel momento soltanto sospettato.
Quella mattina era uscito di casa presto
per seguire un caso come tanti: la solita moglie fra i 40 e i 50 anni d’età
che, con un misto di imbarazzo e di apprensione nella voce, gli aveva detto che
sospettava il tradimento del marito e lo aveva incaricato di trovare le prove
dell’adulterio.
Appostarsi nei pressi dell’abitazione dei
due senza dare nell’occhio era per lui pura routine: anni di professione lo
avevano ormai abituato ad aspettare senza ansia e senza alcuna tensione, con la
macchina fotografica e il radiogoniometro a portata di mano.
Verso le 8 vide il marito della sua
cliente uscire di casa. Dopo qualche scatto fotografico, avviò il motore della
sua auto e seguì quella dell’uomo.
La strada che stava percorrendo alle sue
calcagna gli fece intuire di essere sulla pista giusta: non era il tragitto da
seguire per raggiungere il suo studio di affermato professionista, il cui
indirizzo gli era stato rivelato dalla sua cliente quando le aveva chiesto quel
minimo indispensabile di informazioni per iniziare il suo lavoro.
Dopo tre quarti d’ora di traffico
cittadino, l’auto dell’uomo si fermò nei pressi di un elegante bar del centro
storico. Il pedinato entrò nel bar, un locale dalle ampie vetrine che
consentiva ai passanti di scorgere nitidamente gli avventori seduti ai
tavolini: una fortuna per il nostro investigatore che, dopo aver parcheggiato a
pochi metri dal bar, poteva osservare il suo obiettivo standosene comodamente seduto
in macchina.
Il pedinato prese dal bancone uno dei
giornali messi a disposizione dei clienti del bar, si sedette a un tavolino,
ordinò qualcosa a uno dei camerieri e si mise a leggere il quotidiano in attesa
dell’arrivo della consumazione.
Passò circa un’ora. Il nostro investigatore
aveva sconfitto quella sensazione di annoiata irrequietezza che lo attanagliava
durante i primi anni del suo mestiere quando si trovava a fare i conti con
l’esasperante scorrere del tempo, in attesa che succedesse qualcosa che non
voleva proprio accadere. Ora, sulla soglia della quarantina, era diventato
impermeabile alle lunghe, interminabili attese.
A un certo punto, nel bar entrò una
giovane donna, sui trent’anni d’età. Concentrato com’era sul pedinato, aveva
appena intravisto il suo ingresso. Quando però lei si avvicinò al tavolo del
marito della sua cliente, che nel frattempo si era alzato, e baciò
appassionatamente quest’ultimo sulla bocca, le cose cambiarono. Eccome se
cambiarono!
Infatti si accorse con sgomento che la
giovane donna era sua moglie, che egli credeva si fosse recata al lavoro come
tutti i giorni. Sì, era proprio lei!
L’abitudine all’attività investigativa,
che faceva sì che egli compisse meccanicamente gesti come azionare il
radiogoniometro con registratore incorporato o fotografare a raffica col dito
premuto sul pulsante dello scatto a ripetizione, fece sì che la sconcertante
verità di sapersi tradito non gli impedisse di raccogliere le prove di un
adulterio di cui anch’egli era vittima.
Scattò foto e ascoltò la conversazione
dei due amanti come se fosse in trance ma senza perdere la lucidità di rendersi
conto, dagli sguardi e dai gesti dei due e dall’ascolto delle frasi che sua
moglie scambiava con l’affermato professionista, di avere davvero le corna.
Dopo qualche minuto i due si alzarono. Il
marito della sua cliente pagò le consumazioni al bar, dopo di che la sua amante
lo prese sotto il braccio e uscirono in strada. Prima di incamminarsi, si
scambiarono un nuovo, lungo e sensuale bacio che, come si dice in questi casi,
non lasciava spazio all’immaginazione.
Si stavano dirigendo verso la loro
alcova? Seguirli sarebbe stato troppo per il nostro investigatore.
Mogio mogio, con le orecchie abbassate,
li guardò allontanarsi; poi avviò il motore della sua auto per avviarsi verso
il suo ufficio.
Ormai aveva abbastanza prove per
dimostrare la verità di un tradimento che, questa volta, avrebbe cambiato anche
la sua vita.
L'ennesima storia del triangolo o gioco tre che dir si voglia, dove il diretto interessato non sa, fino all'ultimo, di essere il principale protagonista. Ennesima storia dicevamo, dove però l'ironia e la speditezza narrativa del Colombari, Gian Contardo per gli amici, sa riciclarla con maestria, deliziando i lettori, vecchhi o nuovi che siano! VittS
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