Quella
domenica di maggio del ’93 rappresentò per me la quiete prima della tempesta
che si sarebbe scatenata a partire dal giorno dopo, tempesta che durò circa sei
mesi (ferie estive comprese: masochisticamente passate a sospirar d'amore come un qualsiasi trovatore medievale) e che, una volta terminatasi, per avrebbe lasciato in me uno strascico di
amarezza ancora per qualche tempo.
Il
venerdì precedente, dopo alcuni mesi di tergiversazioni, avevo dichiarato
tramite epistola il mio amore a una signorina che mi ripagò in un modo
certamente non rispettoso della mia sensibilità.
La risposta
a quella mia dichiarazione sarebbe potuta arrivare solo il lunedì e invece
arrivò un mese abbondante dopo dando inizio a una piccola e tragicomica serie
di insensibilità e di scorrettezze da parte sua (non ultima una lettera di
“apertura” nei miei confronti che scrisse ad un periodico e che poi, una volta
pubblicata da quella testata, negò di aver scritto).
Fatto
sta che quella domenica decisi di prendermi una pausa nelle mie pene d’amore e
di godermi quella giornata. Tanto più che avevo già concordato con due amici,
Franco e Tonino, di dedicarla a quello che era (ed è tuttora) un amore che non
mi ha mai tradito: i libri.
Andammo
cioè al Salone Internazionale del Libro, che non aveva ancora cambiato il suo
nome in Fiera ma che già allora si teneva al Lingotto di Torino, l’ex fabbrica
della F.I.A.T. riconvertita per ospitare esposizioni ed eventi vari.
Potendo
usufruire di alcuni biglietti scontati, Franco si era già fatto un giro il
venerdì sera e aveva individuato gli stands più interessanti da visitare, dove
poté condurci a colpo sicuro.
Stands
con i migliori libri, direte voi. No: stands con le standiste più carine!
Naturalmente non disdegnammo affatto curiosare anche fra i libri e ne
acquistammo alcuni. Ma gettare l’occhio su tutte quelle belle gnocche fu
un’esperienza oltremodo rinfrancante, soprattutto per me che ero alle prese con
le mie paturnie amorose.
Che
dire? Ho sempre saputo separare il sesso dall’amore e anche nei periodi di
cotte più deprimenti le altre donne le ho sempre guardate, oltretutto provando
sempre certe, ehm, sensazioni. Della serie: “Il mio cuore non batte che per te
ma un po’ più in giù un altro mio organo continua a stare sull’attenti per
altre donne”.
Tornando
alle standiste di quel lontano 1993, una in particolare attirò la nostra
attenzione: un figone seduto su una sedia, leggermente proteso in avanti in una
postura decisamente sensuale. Non avemmo alcun pudore di passare una decina di
volte davanti a quello stand. Scontato fu da parte mia fare l’altrettanto
scontata battuta: “Come vorrei essere al posto di quella sedia!”.
Durante le nostre peregrinazioni metà
culturali e metà voyeuristiche, rimanemmo vittima di un vero e proprio
sequestro. Passammo davanti allo stand di uno di quei piccoli editori che si
presentano con pochi titoli in mostra e che nessuno va a visitare. Coincidenza
volle che passassimo proprio di lì nel preciso istante in cui le due standiste,
stufe di non vedere mai nessuno fermarsi davanti a loro, decidessero di passare
all’azione. E fu così che venimmo da loro letteralmente trascinati all’interno
del loro stand e obbligati a prendere in visione i libri esposti. Non ricordo
più di quale argomento trattassero (forse erano volumi di fotografia ma non ne
sono tanto sicuro); fatto sta che, fra i libri che non ci interessavano e la
non propriamente abbagliante bellezza di quelle due standiste, cercammo con
ogni scusa di liberarci. Cosa che ci riuscì solo dopo una ventina di minuti.
Liberi! Di nuovo in cerca di gnocche da vedere.
L'annno dopo, maggio 1994, uno spaventatissimo Vittorio Sarti veniva catapultato su una pedana rialzata, alla presenza di un centinaio di persone. Vennne fatto sedere con tanto di targa esposta sul davanti (nome e cognome9; al suo fianco sedevano Giovanna Viglongo, Paola Pallottino, Ruggero Leonardi, Pompeo Vagliani e ovviamente l'Editore, un allora giovanissimo Sergio Pignatone. Si presentava e commentava la "Nuova Bibliografia Salgariana". Fui subissato di domande, la prima fila della platea era riservata ai giornalisti, ma non ricordo,da subito, quasi nulla sia delle domande, sia delle eventuali risposte date. L'emozione gioca brutti scherzi, talmente brutti che,Gian Contardo sarà felice, non mi accorsi di un gruppetto di bellissime addette ai lavori che fungevano da contorno. Fu comunque il mio "battesimo della carta" stampata ovviamente, dove tensione e paura riuscirono a soffocare anche l'interesse per il gentil sesso. VittS
RispondiEliminaConsolati, Vittorio.
RispondiEliminaIo ho fatto una figura peggiore l'anno scorso, alla presentazione del libro che ho scritto su mia madre: preso il microfono in mano, non sono riuscito a spiaccicare parola. Meno male che il mio editore, Paolo Stefano Riccadonna, è venuto in mio aiuto ed ha iniziato a parlare lui. Poi, ho preso anch'io a favellare.