sabato 15 febbraio 2025

Il mio ritratto in venti domande e altrettante risposte

Il mio giudizio su Coelho scrittore è contrastato: mi piace molto il suo stile letterario (merito anche dei suoi traduttori) ma, quanto ai contenuti, detesto il suo mix culturale fra cattolicesimo osservante e magia, miscuglio che può ingenerare confusione in gente che è già molto confusa per conto suo. Non a caso, l’unico suo libro che apprezzo molto è Undici minuti, nel quale il romanziere brasiliano è rimasto, come dire?, coi piedi per terra.

Ad ogni modo, sulla scia di quanto Coelho ha scritto in un suo volumetto (cfr. Paulo Coelho: biografia di un narratore, Milano, Bompiani, 2003, pp. 107-110), provo a tracciare un mio ritratto rispondendo a venti domande.


Il tuo pregio più grande?

La mancanza d’invidia: le cose belle che capitano agli altri sono per me fonte di gioia e non motivo di rabbia.

 

Il tuo peggior difetto?  

Il rancore: non mi porta quasi mai a compiere atti vendicativi ma è difficile che io riesca a perdonare chi mi ha fatto del male.

 

Una passione?

La Storia, senza dubbio. Il passato è per me una base irrinunciabile dell’esistenza: sapere cos’hanno fatto e come pensavano gli uomini e le donne che mi hanno preceduto sulla Terra è una preziosa fonte di insegnamento.

 

Un’esperienza catartica?

Guardare dentro di me senza la paura di scoprire i miei errori.

 

La tua fonte d’ispirazione?

Le persone, che osservo sempre con dissimulata attenzione.

 

La cosa che ti fa più paura?

La stupidità di chi non sa pensare con la sua testa e vuole imporre ad altri ciò che è stato imposto a lui.

 

La tua più grande aspirazione?

Scrivere non solo per me stesso ma anche per gli altri: mettere a loro disposizione le mie riflessioni senza volerle imporle ad alcuno.

 

La prossima montagna da scalare?

Quella che è più vicina a me, quella che si chiama “oggi”.

 

Gli amici?

      Una realtà sfuggente, che credi di aver catturato ma che ti scappa via di continuo. E tu avverti sempre, amarissima, la sensazione del tradimento.

 

Le donne?

Un universo affascinante, da esplorare con rispetto e con ammirazione.

 

Gli uomini?

Degli eterni bambinoni: il vero sesso debole.

 

La verità?

Una parola che ognuno adopera a suo uso e consumo.

 

Il tempo?

Un immenso fiume che fa scorrere la nostra vita dalla sorgente dei nostri genitori allo sbocco nell’eternità.

 

La fama?

Vanità, nient’altro che vanità.

        

La fortuna?

Quella che ho avuto finora, ed è tanta; non quella che potrei avere e che già da un bel po’ di tempo ho smesso di desiderare.

 

L’impossibile?

La serena accettazione dei miei limiti.

 

La felicità?

Consapevolezza di ciò che hai avuto e di ciò che hai, senza badare a ciò che non hai avuto e a ciò che non puoi avere.

 

Il lavoro?

Se è appagante, è una parte importante della nostra vita. Se è alienante, è una prigione da cui continuamente si vorrebbe evadere.

 

La bellezza?

Una rosa che al mattino ha ancora sui suoi petali le gocce di rugiada, su cui si riflette la luce del sole.

 

La serenità?

Uno stato dell’anima che si costruisce a poco a poco, fra alti e bassi, con inevitabili ricadute: assenza di esaltazione, calma interiore che non impedisce di provare né gioia né dolore.


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