A George e Kathy Deyman.
I Deymans sono la famiglia più cara che abbia attraversato le nostre vite. Cominciamo dall'inizio.
Il padre di Mr. Philbert (Phil) aveva sposato una ragazza della famiglia Beruatto, che abitava a Rivara Canavese, il paese natale di mia madre.
Quando a Phil e a sua moglie Carol nacque il loro figliolo, George, assunsero mia madre come bambinaia per il piccolo.
Essendo essi diplomatici statunitensi, mia madre li seguì prima a Milano, dove Mr. Phil era console, e poi a Belgrado, dove rimasero tre anni.
Quando poi vennero trasferiti di sede, mi pare di ricordare in Grecia, mia madre non se la sentì più di seguirli.
Del periodo trascorso con loro mia madre (Pina, che il piccolo George chiamava Pua) serbò sempre ricordi bellissimi.
I Deymans la trattarono sempre benissimo, da pari a pari, non da datori di lavoro a lavoratrice. La signora Deyman fu per Pina una sorella maggiore, una seconda mamma e le volle quel bene che la mia nonna materna non volle mai a "Pua".
Fra le tante altre cose, le insegnò a preparare alcuni dolci americani come il pie al limone e una filastrocca che raccontavano al George quando lo mettevano a dormire e che poi mia madre recitò anche a me:
Good night,
sleep tight,
to morning light
you wake up bright.
Mia madre mi raccontava spesso aneddoti della sua permanenza presso i Deymans e in generale della loro famiglia.
Qualcuno divertente.
I primi tempi che erano sposati e vivevano in Italia, la suocera della signora Carol aveva imposto al personale domestico di chiamare "dottore" il signor Phil, perché effettivamente era laureato (se ricordo bene in Economia all'Università di Torino, con una tesi intitolata "L'industria della Frutta in California").
In America, però, non c'è la consuetudine di chiamare "dottore" i laureati.
E così un pomeriggio Mrs. Carol, quando tornando a casa si sentì dire da una cameriera: "E' arrivato il dottore", lei non comprese che si trattava di Mr. Phil e credé che fosse il medico e tutta preoccupata chiese: "Chi è che sta male?".
Mia madre mi raccontava anche che fra le prime parole che il piccolo George pronunciò ci fu: "Strasse'".
Erano a Milano negli anni del Secondo Dopoguerra e nelle strade a volte passavano i raccoglitori di stracci, che annunciavano la loro presenza gridando: "Strasse'! Strasse'!", che il milanese significa appunto stracci o stracciai.
E così George, appena dal balcone vedeva passare qualcuno in strada (non necessariamente uno stracciaio), gridava anche lui: "Strasse'! Strasse'!".
A Milano, nel 1948, fu Mr. Phil, in quanto console statunitense, ad effettuare il primo lancio della prima partita del primo campionato italiano di baseball, sport a stelle e strisce per eccellenza.
Trasferiti all'ambasciata U.S.A. a Belgrado, in un'epoca in cui in Jugoslavia non c'era ancora la televisione (del resto, dubito che avrebbe comunque trasmesso film in lingua inglese), il Dipartimento di Stato aveva organizzato un regolare invio di film da proiettare in un'apposita sala dell'ambasciata.
Alle proiezioni erano invitati sia i diplomatici americani che il loro personale domestico.
Ecco perché, anni dopo, quando alla Rai mandavano in onda film americani, ogni tanto mia madre mi diceva: "Questo l'ho già visto a Belgrado".
Nella capitale dell'allora jugoslava i Deymans e mia madre vissero due episodi, uno drammatico e un altro che avrebbe potuto avere conseguenze spiacevoli. Il primo me lo raccontò mia madre, il secondo George durante la sua visita a casa mia del 2017.
Un giorno alla stazione di Belgrado il piccolo George venne rapito da una zingara.
Fu un attimo di distrazione e non lo videro più.
Panico assoluto.
Per fortuna lo ritrovarono dopo pochi minuti di affannose ricerche. L'aveva, per l'appunto, preso una zingara. Glielo strapparono subito via dalle mani.
La vicenda, comprensibilmente, traumatizzò la signora Carol (a maggior ragione se si pensa che prima di George lei e Phil avevano avuto una figlia, che purtroppo era morta in tenera età). La sconvolse a tal punto che da allora in poi, quando andavano in giro per le strade di Belgrado, la signora Carol legava George in un'imbragatura di cinghie e lo portava a spasso come un cagnolino.
Del secondo episodio fu protagonista George.
Un giorno dal balcone vide passare un corteo che andava a una manifestazione del regime comunista di Tito. Guardando sfilare delle persone che sventolavano bandiere jugoslave ed essendo troppo piccolo per capire il significato politico di certi gesti, volle partecipare alla "sbandieratura", andò a prendere la bandiera degli U.S.A., tornò sul balcone e si mise a sventolarla.
Qualcuno in strada se ne avvide e senza rendersi conto che a farlo era un bambino piccolo pensò a una provocazione, e per poco la casa dei Deymans non venne assaltata dai manifestanti titini.
Poi, per fortuna, le cose vennero chiarite.
Quando i Deymans vennero trasferiti in Grecia, se ricordo bene nel 1953, mia madre non li seguì. Prima di sposarsi, andò a lavorare cinque anni in Francia.
Ma rimase in contatto epistolare con la signora Carol e potette incontrare lei e il signor Philbert quando si recavano in Italia e passavano per Torino.
Nelle sue lettere, Mrs. Carol ci informava di quello che stavano facendo, mandandoci anche delle foto.
Ricordo la sua bella calligrafia; come ebbi modo di constatare in seguito, quella di George è identica. Buon sangue non mente, dunque.
Tramite le foto che Mrs. Carol le mandava, mia madre potette vedere George crescere: da bambino farsi ragazzo, da ragazzo farsi giovanotto, da giovanotto farsi adulto.
Tra queste foto, una è particolarmente simpatica e spiritosa, quella nella quale suo figlio si era fatto riprendere insieme ad un cavallo che si chiamava anche lui George.
A me, invece, non è mai capitato di farmi fotografare con un asino di nome Gian Contardo, probabilmente perché gli asini sono più intelligenti di me.
Da Mr. Phil ricevetti una cartolina riproducente la foto di alcune persone che indossavano dei vestiti e dei copricapo dei nativi d'America. Me la spedì in occasione di un viaggio turistico dell'allora sindaco di Genova, cui il signor Deyman si era offerto di fare da interprete.
Quando andarono in pensione, i Deymans andarono a vivere dapprima a Orlando in Florida e poi a Hibbing nel Minnesota.
George, intanto, aveva già trovato lavoro come funzionario del governo di Washington, riscuotendo in poco tempo la stima di colleghi e superiori.
Nel 1982 si sposò con Kathy, da cui ha avuto due figli, Philip e Colin.
Quando venivano in Italia, se potevano Mr. e Mrs. Deyman passavano a trovarci ma anche quando non potevano una telefonata a mia madre la facevano sempre.
La prima volta che io ricordi di averli visti risale alla metà degli anni '60.
Io e la mamma stavamo trascorrendo qualche giorno di vacanza a Rivara dai nonni materni e loro erano ugualmente in questo paese del Canavese (la villa della famiglia Deyman confinava con la casa dei miei nonni).
Una mattina era passato Walter, il figlio di una cugina di mia madre, a giocare con me ma Pina gli disse che quella volta avevamo un impegno: i signori Deyman ci sarebbero venuti a prendere fra pochi minuti.
Cosa che avvenne. La prima cosa che mi colpì fu l'automobile di Mr. Phil: un macchinone, almeno ai miei occhi di bambino.
In quell'occasione, ci portarono con loro a visitare il santuario di Belmonte.
La seconda volta che li vidi vennero a trovarci a casa nostra, a Torino. Con loro c'era anche George, che incontrai per la prima volta. Ricordo che giocò con me un po' con la palla.
Era già uno studente universitario, frequentando uno dei due college statunitensi a Bologna. Poco dopo si laureò in Scienze Politiche con 110 e lode.
Rivedemmo Mr. Philbert un'altra volta a Rivara. In quell'occasione mi diede 500 lire, somma che all'epoca non era poco per un bambino: con essa si potevano acquistare ben 50 bustine di Figurine Panini.
Poi, nel 1978, Mr. e Mrs. Deyman vennero a trovarci a Torino.
L'ultima volta che li vedemmo fu nel settembre del 1982.
Fu un anno decisivo, il 1982, sia per George che per me: lui si sposò con Kathy e io cominciai a lavorare.
Ebbi modo di chiacchierare a lungo con loro, perché mia madre era andata ad aspettarli a Piazza d'Armi ed essi vennero da un'altra direzione, cosicché mio padre uscì a sua volta per andare a dirle che erano arrivati e io rimasi solo con loro.
Quando ci riunimmo, passammo un piacevolissimo pomeriggio.
Soprattutto, ci fecero vedere le foto del matrimonio di George e Kathy, e ci raccontarono di come si era svolto il ricevimento di nozze.
La signora Carol ci informò di quali parenti della sua famiglia erano andati al matrimonio.
Al che, mia madre domandò a mr. Phil: "E della Sua famiglia chi c'era?".
Ed egli fece la battuta: "C'era mio figlio".
Ovvio che ci fosse George: era lo sposo.
Durante quel pomeriggio, Mr. Phil e Mrs. Carol ci raccontarono quello che avevano fatto a Torino prima di venire a trovarci. Mrs. Carol ci disse di aver comprato su una bancarella tre libri di cucina.
L'impressione che ebbero di Torino fu positiva: la trovarono migliorata rispetto all'ultima volta che ci erano stati.
Solo su una cosa la signora Deyman ebbe da ridire, scandalizzata ma non troppo: "Anche da noi i giovani fanno l'amore ma non in strada".
Con un po' di orgoglio materno, mia madre fece loro vedere il mio libretto universitario. Fino ad allora avevo sostenuto 12 esami (mi sarei laureato dopo qualche anno, lavorando e studiando nel tempo libero), in molti dei quali avevo preso 30, che erano stati scritti 30/30, che stava per trenta trentesimi.
Quando la loro visita volse al termine e li salutammo, mrs. Carol mi disse: "Mi raccomando, continua a prendere trenta trenta".
Pur parlando benissimo l'italiano, alla signora Deyman ogni tanto scappava qualche piccola inesattezza. Quando per cucinare mia madre usava il rosmarino, mi diceva che Mrs. Carol lo chiamava "l'osso marino".
Sia Mr. Phil e Mrs. Carol che George e Kathy vennero in Italia poco tempo dopo ma non passarono a Torino.
Come in tutte le altre volte in cui non poterono venire a trovarci, fecero comunque una telefonata a mia madre. Quando le passarono George, questi la salutò italianizzando il suo nome, dicendole cioè: "Ciao. Sono Giorgio".
La signora Deyman morì qualche anno dopo.
Le zie di George, nel darci la triste notizia, scrissero a mia madre che George, nonostante il dolore, aveva trovato la forza di commemorare la sua mamma in chiesa durante il funerale.
Mr. Phil morì in seguito, nel giugno del 1994. Era andato trovare le sue sorelle a Breganze, dove nel frattempo si erano stabilite.
Avvertita per tempo della sua venuta in Itala, mia madre disse a me e a mio padre: "State attenti al telefono, perché può darsi che chiami il signor Deyman".
Purtroppo, ricevette invece la telefonata di una delle sorelle di Mr. Philbert, che ne comunicavano la scomparsa.
Era stato bene fino a poco prima. Aveva passato una serata molto serena e gioiosa con le sorelle, a parlare dei tanti ricordi condivisi. La mattina dopo stava male; se ricordo bene, gli venne diagnosticata una polmonite. Dopo pochi giorni volò in Cielo a raggiungere la sua Carol.
George era molto, molto triste e commosso per la morte del suo amato papà ma non poté recarsi in Italia per il funerale e quindi lui e la sua famiglia parteciparono ad esequie separate a Hibbing, nel Minnesota, dove suo padre venne sepolto accanto alla signora Deyman.
Passò qualche anno e i nostri contatti con George si limitarono allo scambio di cartoline degli auguri natalizi. Allora viveva ad Annandale, in Virginia; solo recentemente lui e Kathy si sono trasferiti a South Berwick, nella contea di York del Maine. Come canta Guccini in 100. Pennsylvania Avenue: "Amore ed ecologia lassù nel Maine".
Nel 2002, quando iniziai a navigare su internet, mandai un'e-mail a George all'indirizzo indicato nella sua ultima cartolina natalizia. Mi rispose subito, mostrando grande entusiasmo. Da allora ci scambiamo e-mail, scrivendoci su tutto, cose belle e cose brutte, cose allegre (fra cui le barzellette) e cose tristi.
Mi è stato molto vicino quando mia madre si è ammalata, rimanendo immobilizzata per anni fra letto e carrozzina prima di volare in Cielo.
Lui e sua moglie sono venuti a Torino dall'America a trovarla due volte.
La prima, il 3 gennaio 2009, Pina era ancora lucida e potette interagire con loro, chiacchierando e condividendo ricordi di quando era con George a Milano e a Belgrado.
Con George e Kathy c'erano anche il loro figlio minore Colin con la sua futura moglie Christine e un cugino di George, Walter (un'altra cosa che abbiamo in comune: un cugino di nome Walter).
In quell'occasione, la sera stessa della loro visita scrissi le seguenti righe, dedicate a George e alla sua meravigliosa famiglia:
Siete stati un raggio di sole venuto a baciare il suo lento tramonto.
Siete
stati una mite giornata venuta a scaldare il suo gelido inverno.
Siete
stati il ricordo vivente di anni lontani e del suo sincero donare affetto.
E da
oggi, ogni volta che sentirò soffiare un caldo vento da Occidente, saprò dentro
me che si tratta del vostro dolce pensare a lei".
Tradotto in inglese:
You were a ray of sunshine that came to kiss her slow sunset. You were a mild day that came to warm her cold winter.
You were the living memory of distant years and of her sincere gift of affection.
And from today, every time that I sense a warm wind blowing from the West, I will know inside of me that it is your sweet thoughts of her.
Era la prima volta che incontravamo Kathy. Mio padre disse a me e a mia madre: "George ha una buona moglie".
Disse la stessa cosa anche di Pina, quando ella morì: "E' stata una buona moglie".
Forse al giorno d’oggi, in cui il matrimonio è sempre meno rispettato e lo si manda all’aria alla minima difficoltà, titoli come “buona moglie” o “buon marito” non dicono niente o vengono addirittura considerati con sarcasmo. Ma cosa c’è di più bello, di più degno di ammirazione dell’essere una buona moglie, un buon marito, una buona madre, un buon padre, una buona figlia, un buon figlio?
George e Kathy tornarono a trovarci nel 2012, poche settimane prima che mia madre morisse.
La loro visita venne a illuminare una realtà molto più fragile e precaria di quanto pensassi (e sperassi).
George, il figlio di Carol e di Philbert, il bambino che la mia mamma aveva visto appena nato e di cui si era presa cura nei primi anni della sua vita. George, che poi l’ha sempre considerata come la sua seconda madre. George in quel soleggiato pomeriggio di marzo del 2012 fu meraviglioso e commovente.
Purtroppo,
nell’alternanza di giorni sì e giorni no, George e Kathy vennero a casa nostra
in un giorno no, cioè in un giorno in cui Pina rimase completamente assopita e
non fu in grado di rispondere a quello che le si diceva.
Eppure,
nonostante ciò, quanta filiale sollecitudine dimostrò George nei suoi
confronti!
Nonostante
quel giorno la mia mamma non fosse in grado di comunicare nemmeno con uno
sguardo o con un sorriso, George le parlò a più riprese, dicendole chi era e
ricordandole gli anni che aveva passato con lei.
Se
un paziente in coma riesce ad uscirne anche grazie alle persone che gli
parlano, a maggior ragione sono sicuro che mia madre abbia sentito le
affettuose parole di George, che bypassarono il suo torpore per raggiungere il
suo subconscio e la sua anima.
Accomiatandosi da noi, George disse a Pina che sarebbe tornato a trovarla presto. Quando tornerà a Torino e passerà a casa nostra, non la troverà più nel suo letto ortopedico sistemato nel soggiorno.
Quando, il 23 maggio, Pina venne a mancare al nostro affetto, George avrebbe voluto venire al funerale. Ma mancò il tempo per prendere un aereo dall’America e arrivare a Torino. Fece mandare dei fiori. E fece anche di più, molto di più.
Iscrisse il nome di mia madre nella League of Saint Anthony e in virtù di ciò Pina sarà ricordata ogni giorno nelle messe celebrate al Seminario di Saint Lawrence a Mount Calvary, nel Wisconsin. Inoltre, fece dire dai Padri Francescani 30 messe gregoriane consecutive per la mia mamma.
Quando
me lo comunicò per posta, fu l’unico raggio di gioia che balenò in quelle
settimane per me piene di strazio, fu l’unico raggio di sole che i miei occhi
videro in quelle settimane in cui ero circondato ventiquattr’ore su
ventiquattro dalla notte del dolore.
Da parte mia, volli che mia madre portasse con sé, nel suo ultimo viaggio, non solo un foulard che le avevo regalato e che le feci mettere al momento della vestizione delle sue spoglie mortali ma anche qualcosa che le aveva donato George, l'altro bambino che aveva allevato con amore: feci recidere alcuni fiori dalla pianta che lui le aveva portato qualche settimana prima, ne feci fare un mazzetto e lo feci mettere all'interno del feretro di Pina.
Nell'agosto successivo, il mio amico Roberto Long mi accompagnò al santuario della Consolata. Feci accendere delle candele, per mia madre, per i miei parenti defunti e anche una per Mr. Phil e Mrs. Carol.
Ho rivisto George e Kathy nel settembre del 2017. Mio padre era mancato due mesi prima e la loro visita mi diede conforto. Fu un incontro da essi appositamente voluto, perché interruppero il loro tour per fermarsi un giorno a Torino al fine di venire a trovarmi.
Fu una giornata bellissima, passata a parlare di tante cose, dei loro figli e delle rispettive famiglie.
Mi ricordo in particolare che, parlandoci della loro cagnolina Lucy, George ci disse che quando la portava a spasso a un certo punto si fermava e non voleva più andare avanti, e non c'era verso di convincerla.
Un po' come adesso fa la mia Neve.
Nel marzo del 2021, in occasione del mio 61° compleanno, George mi ha fatto il grandissimo regalo di dedicarmi questa sua bellissima poesia:
I have a friend whose name is Conty,
He is very much like a brother to me,
He lives in a far-away country,
Many miles across the sea.
With Conty I am quite impressed,
I hope that he'll always be blessed,
With all that is good and all that is best,
The best of life and all the rest.
I wish him a wonderful birthday,
With much happiness always for him, I pray,
That all will go well for him in every way,
Not only today, but on every day.
George Deyman.
Veniamo ora alla loro visita più recente, quella del 15 settembre del 2024.
Purtroppo, nel frattempo, Lucy ha attraversato il Ponte dell'Arcobaleno.
La giornata del 15 settembre è stata molto intensa e piacevole, soleggiata nel cielo e soleggiata nei nostri cuori.
Ci siamo dati appuntamento per le 10.30 davanti al santuario di Santa Rita a Torino.
George e Kathy arrivano puntualissimi.
Ci salutiamo ed entriamo nel santuario per la funzione domenicale.
A Messa finita, Laura fa visitare loro l'interno della chiesa, in primis le vetrate colorate e la "nicchia", subito a destra dell'entrata, dov'è stata collocata la statua di santa Rita da Cascia.
Usciamo e, nel salire in macchina, non essendo abituato all'auto di Laura, George picchia la testa: non si fa male, per fortuna.
Arriviamo a casa, dove ci aspetta Iman, che si fermerà solo per pranzo, perché sta per partire per Alessandria d'Egitto con sua figlia Nour, la quale si sposerà fra qualche giorno con Mohamed.
George e Kathy conoscono già Iman ma non ancora Neve.
La quale, appena li vede, si mette ad abbaiare come fa con chiunque entri in casa.
Poi si calma ma rimane sempre sul chi vive, diffidente.
George prova ad entrare in confidenza con Neve, si inginocchia perfino sul pavimento per apparirle meno alto e quindi minaccioso ma non ottiene grandi risultati: la mia bimba ha paura degli uomini, molto più che non delle donne.
George e Kathy mi hanno portato un graditissimo regalo: un berretto con lo stemma della Juventus sulla visiera.
Nelle e-mail che hanno preceduto la loro visita, il mio big brother mi aveva prospettato la possibilità di andare a vedere Torino - Lecce, che si gioca nel pomeriggio nel vicino Stadio Olimpico Grande Torino: gli ho risposto di non offendersi ma, da juventino d.o.c. quale sono, andare a vedere una partita dei cugini granata proprio non mi andava.
Ordiniamo le pizze, quando arrivano pranziamo (il pasto è concluso con lo squisito tiramisù preparato da Laura), poi salutiamo Iman e Nour, che è venuta a prenderla per andare all'aeroporto.
Dopo pranzo, facciamo quattro chiacchiere, quindi portiamo Neve a fare la sua seconda passeggiata, dopo di che ci rechiamo al Cimitero Parco per consentire a George e Kathy di pregare davanti alle tombe dei miei genitori.
Nel salire in macchina, George picchia di nuovo la testa: nessun problema ma il bis l'ha concesso.
Dopo il raccoglimento davanti alle lapidi di Pina e di Vincenzo, George fa una carezza alla foto di mia madre.
Quando risaliamo in macchina per tornare a casa, big brother George batte ancora una volta la testa. Tris!
Nell'appartamento siamo accolti da Neve, che ci fa un sacco di feste, come ogni volta che rientriamo.
Passiamo il pomeriggio a chiacchierare.
George ci racconta della loro cagnolina Lucy, volata in Cielo qualche mese fa senza soffrire.
Ultimamente soffriva di Alzheimer canino; era scappata di casa un paio di volte ma erano sempre riusciti a trovarla. Del resto, South Berwick nel Maine è una piccola località di poco più di 7.000 abitanti.
Anche se c'è una piccola parrocchia cattolica a South Berwick, George e Kathy per andare a Messa escono dal Maine per andare in una chiesa si trova sì nelle vicinanze ma nel New Hampshire.
Lucy manca moltissimo a George e Kathy. Il mio big brother mi ha raccontato alcune simpatiche cose di lei: mangiava la frutta ma non le banane; all'aperto andava a ripararsi all'ombra di un albero o di un cespuglio del loro giardino; la sera, quando guardavano la televisione, verso le 10 faceva loro capire che era ora di andare a dormire e che dovevano spegnere la tv.
Ci hanno poi raccontato qualcosa dei loro figli, delle loro nuore e dei loro nipotini.
Abbiamo avuto il piacere di vedere molte foto della loro famiglia. Una volta ci si portava dietro le fotografie da far vedere ad amici e conoscenze; ora sono tutte memorizzate nei cellulari.
Fra queste foto, Kathy me ne ha fatta vedere una di un rifugio che accoglie i cavalli abbandonati, esattamente come i canili e i gattili accolgono rispettivamente cani e gatti.
Alla fine abbiamo accompagnato George e Kathy all'albergo che li ospitava. Nel salire in macchina, anche questa volta George ha picchiato la testa. La prossima volta che verranno a trovarci, o pago loro le corse in taxi o dico a Laura di cambiare automobile.
Prima di andare verso il centro di Torino, siamo passati vicino alla casa dove io e i miei genitori abbiamo abitato fino al 2004. George si è ricordato del posto, nonostante venne a trovarci là negli anni '60.
Quando ci siamo accomiatati da George e Kathy nelle vicinanze dell'albergo, un abbraccio e la promessa di rivederci ha posto fine a una bellissima giornata, illuminata non solo dal sole di fine estate ma anche e soprattutto dalla loro presenza.
Carissimi George e Kathy, vi ringrazio di esistere e di essere parte della mia vita.
Ringrazio George anche per aver letto questo scritto e per avermi suggerito le correzioni da apportarvi.
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