C’è una fase che prova se l’editore è in
gamba o se invece è un incompetente, indipendentemente dal fatto che sia free o
a pagamento: la fase dell’editing ossia la preparazione del testo prima di
consegnarlo al tipografo.
Un editore serio e preparato non gestisce
la fase dell’editing limitandola alla correzione degli inevitabili refusi
(l’editore a pagamento magari non guarda nemmeno quelli e manda in stampa il
manoscritto esattamente come l’ha ricevuto dall’autore).
Un editore competente trova i difetti
(che sono presenti in qualunque opera) e suggerisce le migliorie all’autore:
nessuna opera è perfetta, nemmeno quelle degli scrittori più affermati, i
quali, in quanto grandi, sono umili e, mettendo da parte la presunzione,
accettano i consigli dei loro editor (senza la “e” finale) e discutono con loro
le modifiche da apportare ai loro testi.
A volte il libro viene rivoltato come un
calzino e va in stampa completamente riscritto rispetto al manoscritto
originale. Posso citare come esempio Il
castello di Samuele in Ritorno a
Peyton Place.
L’editore incapace invece non ci pensa
nemmeno a suggerire modifiche e migliorie. E si limita alla sola correzione
delle bozze. Con esiti sconcertanti.
Già, perché anche nella correzione dei
refusi si riscontra spesso una grande incompetenza da parte degli editori,
degli editor e dei correttori di bozze. Ricorriamo al solito scambio di e-mail.
Quando l’autore ha già il contratto di
pubblicazione in tasca e sa che il suo manoscritto è al vaglio del correttore
di bozze, riceve un’e-mail dall’editore che lo gela.
Ho dovuto sospendere la
pubblicazione del Tuo libro, perché il correttore di bozze ha già rilevato
dieci refusi nelle prime tre pagine e ha deciso di non andare avanti
bloccandomi la pubblicazione.
Ora, che qualche refuso possa scappare
anche alla più scrupolosa verifica dell’autore, può essere. Ma in questo caso
lo scrittore ha rivisto il suo testo, con calma, per ben tre volte ed è strasicuro
che è impossibile che vi abbia lasciato dieci refusi solo nelle prime tre
pagine.
Prima di replicare all’editore, va a dare
un’occhiata alle prime tre pagine del suo libro e dei dieci errori cui fa cenno
l’e-mail non ne trova nemmeno uno!
Poi
gli viene in mente un aspetto importante.
E cioè che i word processor sottolineano
in rosso quelli che interpretano come refusi ma che in realtà possono
semplicemente essere termini stranieri o parole italiane non ancora incluse nel
vocabolario a cui il software fa riferimento, indipendentemente dal fatto che
l’autore abbia coniato qualche neologismo o citato qualche remota località di
provincia non ancora inclusa nel vocabolario medesimo; accade dunque che il
correttore di bozze superficiale o fannullone si limiti a segnalare i refusi,
veri o presunti, già evidenziati dal word processor e magari non faccia
attenzione a tutti quegli strafalcioni (come, ad esempio, i tempi dei verbi
sbagliati) che non vengono sottolineati in rosso. Il risultato è un grosso
pateracchio, con errori anche gravi sfuggiti ai correttori di bozze e
arrabbiature degli autori, che si vedono addebitati errori che in realtà sono
neologismi o parole straniere.
Se ad esempio il personaggio di un
romanzo è rozzo e ignorante, è logico che l’autore lo faccia parlare in modo
sgrammaticato, con conseguente sfilza di parole sottolineate in rosso dal word
processor. Analogamente, se un racconto si svolge in un Paese straniero, è
logico che venga ambientato in località dai nomi non compresi nel vocabolario
del word processor.
Se l’editore e i suoi collaboratori sono
seri e professionali, fanno tutti i controlli del caso e comprendono sia gli
errori che le raffinatezze stilistiche; in caso contrario, lasciano passare
strafalcioni madornali o segnalano sbagli inesistenti.
Gettando un’altra occhiata al video del
suo pc, l'autore si accorge che il word processor sottolinea in rosso i cognomi
stranieri (se ad esempio il suo libro è un romanzo storico ambientato nella
Francia del XVI secolo, di cognomi stranieri ne ha a iosa) e la ripetizione di
una stessa parola (cosicché, ad esempio,
l’espressione “piano piano”, grammaticalmente corretta, ha il secondo “piano”
sottolineato in rosso come errore dal word processor).
E allora gli viene un dubbio ammantato di
solida certezza: sarà mica che quel cazzone di correttore di bozze non abbia
affatto rivisto il testo ma si sia limitato a contare le parole sottolineate in
rosso e, una volta raggiunto il numero 10, abbia comunicato all’editore che il
manoscritto conteneva un numero talmente elevato di errori nelle prime pagine
che non valeva la pena proseguire nella correzione?
Sì,
dev’essere proprio andata così.
Fra parentesi, il correttore di bozze,
non leggendo i manoscritti ma limitandosi a contare le parole sottolineate in
rosso dal word processor, è inevitabilmente soggetto a non rilevare refusi,
anche imbarazzanti, che il word processor non può segnalare perché la parola in
sé non è errata. Se ad esempio, indipendentemente dalla validità o meno della
teoria freudiana del lapsus (secondo la quale il lapsus non è mai casuale ma
sempre rivelatore di pensieri che consciamente non si vogliono esternare), all’autore capita di scrivere “si gettò
nell’impresa con molta figa” anziché “si gettò nell’impresa con molta foga”, il
word processor non sottolinea in rosso la parola “figa” e al correttore di
bozze che non legge il testo sfugge questo micidiale refuso. Altro esempio di
svista sfuggita al correttore di bozze cazzone: lo scrittore voleva scrivere
“fece il test di gravidanza e scoprì con gioia di aspettare un figlio” ma
invece gli è scappato “fece il test di gravidanza e scoprì di aspettare un
foglio”; il word processor, com’è logico, non sottolinea in rosso “foglio” ma,
se non si legge con attenzione il testo, non ci si accorge del refuso.
E perché mai l’editore, invece di
verificare di persona la fondatezza dell’affermazione cassatoria del correttore
di bozze, ha creduto a quest’ultimo
sulla parola?
Lo scrittore clicca allora sull’icona
della sua posta elettronica e manda un’e-mail all’editore del seguente tenore:
Ho ricontrollato il
testo ma nelle prime tre pagine non vi ho trovato nessun refuso.
Sei sicuro che il
correttore di bozze ha fatto il suo lavoro e non si sia invece limitato a
contare le parole segnalate in rosso dal word processor?
Guarda che i word
processor segnalano come refusi nomi stranieri e parti di espressioni che
invece sono corrette.
E-mail dell’editore:
Mi sembra di poter escludere
una simile leggerezza: il mio correttore di bozze è una persona seria e
preparata.
E-mail dell’autore:
Ma tu hai controllato?
E-mail dell’editore:
No.
Ovvio, un editore stordito non controlla
mai l'operato dei suoi collaboratori.
E-mail dell’autore, che si aspettava
almeno un “ora controllerò”:
Allora è meglio che
controlli.
Ripeto: ho
ricontrollato il testo; sono sicuro che non ci sono refusi.
E-mail dell’editore, dopo 23 giorni
(evidentemente è il minimo di tempo necessario per verificare a video il
contenuto di tre pagine di testo):
Avevi ragione, sai. Non
si tratta di refusi.
Alla faccia di quella persona “seria e
preparata” che sarebbe il correttore di bozze!
Per quieto vivere, l’autore rinuncia a
proporre all’editore di licenziare il correttore di bozze, il quale o è un
cazzone che non sa fare il suo lavoro
oppure è un ladro che ruba soldi all’editore facendosi pagare una
revisione dei testi che in realtà è solo una conta delle parole sottolineate in
rosso dal word processor. E si offre (l’autore, non il ladro) di correggere lui
le bozze. E pure gratuitamente.
Proposta
subito accettata dall’editore. Chissà come mai?
"molto apprezzato" ... che farà il "correttore di bozze" con il mio lapidario commento ?
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