martedì 18 aprile 2017

I miei scherzi ischitani

      Eccomi pronto a raccontare gli scherzi che feci agli amici con cui trascorsi tre vacanze ischitane, dal 1994 al 1996.
     Il primo anno fui limitato nei miei movimenti da una rovinosa caduta nei pressi della Chiesa del Soccorso (che io ribattezzai Chiesa del Pronto Soccorso), a causa della quale mi procurai la distorsione al polso sinistro con immediata steccatura del medesimo.
     Anzi, il primo scherzo della vacanza non lo feci, lo subii. Fu Maury, una sera, a farmi il sacco. Dicesi "sacco" quello scherzo tipicamente da caserma in virtù del quale si toglie dal letto una delle due lenzuola e si piega e blocca la rimanente in modo che sembrino due: la vittima, tratta in inganno da sì adattamento del lenzuolo, prova e riprova a infilarsi in mezzo ma non ci riesce. E così accadde anche a me: entrai nella camera a sei letti in cui io, Maury e altri amici eravamo ospitati e provai una buona mezz'ora a infilarmi, nel mio letto, in quelle che credevo essere due lenzuola. Alla fine, mentre Maury, comodamente già sistematosi nel suo letto, già rideva sotto i baffi, esclamai spazientito: "Ma che cazzo hanno fatto?!".
      Subito dopo l'amicone mi avvisò dello scherzo, mi informò della sua natura e mi restituì il lenzuolo sottratto e debitamente nascosto, aiutandomi a risistemare il letto.
      Maury fu altresì l'ideatore e il suggeritore dello scherzo che quel primo anno mi vide come esecutore materiale.
      Ultima sera di vacanza. Dopo cena, si decise di fare il classico bagno di mezzanotte, nella piscina con acqua termale dell'agriturismo dove ci trovavamo. Io non potevo farlo, causa polso steccato, e Maury mi propose: "Mentre noi facciamo il bagno, tu nascondi gli asciugamani e gli accappatoi degli altri, così quando escono sai che ridere nel vederli tutti infreddoliti". Potevo io rifiutare sì allettante prospettiva? Certo che no!
      E così, mentre gli altri si sollazzavano in acqua, io quatto quatto nascosi ogni accappatoio e ogni asciugamano, COMPRESO PERO' ANCHE QUELLO DI MAURY (eh, eh, eh!), dietro la siepe che circondava la piscina.
     Quando, ad uno ad uno, i bagnanti di mezzanotte uscirono dalla vasca, fu uno spettacolo favoloso vederli stupefatti per la scomparsa di sì provvidenziali manufatti tessili e subito dopo osservarli mettersi a battere i denti per il freddo e a strofinarsi energicamente braccia, gambe e addome per avere un minimo di riscaldamento corporeo.
      Già, perché quello che frega del bagno di mezzanotte non è la temperatura dell'acqua (quella ambiente è ancora calda del sole estivo da poco tramontato, non parliamo poi di quella termale, che era per l'appunto il nostro caso) ma il contrasto fra l'acqua ancora calda e l'aria fresca della notte.
      Solo Maury, da vero macho, non sembrava patire i simpatici effetti del calo di temperatura fra acqua e aria. Forse perché un po' se lo aspettava che non l'avrei risparmiato e non aveva patito l'effetto sorpresa.
      Rimessisi dallo shock termico in modo sufficiente da potersi muovere con riacquistata disinvoltura, i nostri amici si misero mettersi alla ricerca dei loro asciugamani e accappatoi. Che del resto non impiegarono molto a ritrovare.

     La seconda vacanza a Ischia, quella del 1995, fu quella più bella. Sia perché c'era Uccio, che fu sempre il collante della nostra compagnia e il catalizzatore di buonumore, risate e scherzi. Sia perché, badando bene a tenermi alla larga dalla Chiesa del Soccorso, non mi infortunai e, nel pieno possesso delle mie facoltà fisiche, mi scatenai in vari divertimenti.
      Per la verità, all'inizio della vacanza Maury, che l'anno precedente mi aveva suggerito lo scherzo di nascondere asciugamani e accappatoi durante il bagno di mezzanotte, questa volta me ne propose uno ancora più bastardo. Mi disse cioè: "Mettiamoci d'accordo: io mi metto a parlare con qualche nostra amica per distrarla, tu arrivi da dietro, le slacci il top del costume da bagno e glielo porti via". Ma mi rifiutai categoricamente di fare una cosa del genere: non faccio scherzi da frustrato sessuale.

      Lo scherzo ricorrente che feci, e che mi guardai bene dal comunicarlo agli amici (quando, mesi dopo, lo confidai a Maury, questi ci rimase male assai), fu di fare pipì mentre facevo il bagno nella piscina con acqua termale. Sempre mesi dopo, raccontai lo scherzo al mio collega Luciano e questi mi disse: "Non dovevi pisciare in piscina, ci dovevi cagare dentro". Azione che sarebbe stata del tutto inutile, perché, facendovi il bagno i miei amici, di stronzi che galleggiavano sull'acqua ce n'era più che a sufficienza.

      Col secondo scherzo mi presi la rivincita sul sacco che Maury mi aveva fatto l'anno prima. Una sera, mentre Maury e gli altri piroettavano sulla terrazza dell'agriturismo al ritmo delle danze popolari, mi fiondai nella camera a noi assegnata portandomi dietro una bottiglietta d'acqua e ne versai il contenuto sul letto di Maury, AD ALTEZZA INGUINALE: in modo che, progettai beffardamente, il giorno dopo i ragazzi che curavano la pulizia delle camere, vedendo le lenzuola bagnate IN QUELLA ZONA, pensassero che Maury avesse fatto la pipì a letto. Alla veneranda età di quasi 36 anni.
     Lo scherzo riuscì a metà, nel senso che il disagio glielo procurò ma la figuraccia del piscione non la fece, perché, quando scoprì la macchia imbarazzante, Maury tolse le lenzuola andandole a stendere fuori dalla camera e quella notte dormì sul nudo materasso.

      Durante le cene all'aperto nell'agriturismo che ci ospitava, presi di mira Uccio.
      La cucina di Vito era in buona parte a base di limone, le cui scorze abbondavano sulla tavola al termine del desinare. Io, allora, ero solito prenderne una, andare di soppiatto alle spalle di Uccio, che era ancora seduto, tirargli all'indietro la maglia e far cadere la scorza di limone fra le spalle di Ucico e la sua maglia.
     Poiché dopo un paio di giorni, il giochino rischiava di diventare monotono, a patire dal terzo introdussi una piccola aggiunta: dopo che la scorza gli era scivolata lungo la schiena, ponevo una mano sulla maglia di Uccio e gli facevo un energico massaggio onde spiaccicargli ben bene la scorza sulla schiena.

      Naturalmente, non mi feci mancare nemmeno qualche puntatina sul classico. E dire classico a proposito di scherzi in una località marina significa dire gavettone.
      Secchi di plastica a bordo della piscina ce n'erano a disposizione, così come gli amici che prendevano il sole a bordo di essa e che, di conseguenza, erano ottimi bersagli.
      La condizione per la buona riuscita di un gavettone è calcolare bene la quantità di acqua da mettere nel secchio: troppo poca, impedisce al bersaglio di essere adeguatamente innaffiato; troppa, invece, fa correre il rischio di non raggiungere la vittima designata.
      Attinta ogni volta la quantità giusta di acqua da un rubinetto poco distante dalla piscina, mi davo da fare per colpire.
      Se l'amico o l'amica era sveglia e vigile, prendendo le vie larghe mi posizionavo alle sue spalle e, oplà!, lanciavo l'acqua che gli pioveva addosso senza che egli o ella potessero accorgersene.
      Se invece vedevo il bersaglio addormentato o assorto nei suoi pensieri talmente tanto da non vedere davanti a sé oppure intento a leggere, allora preferivo l'attacco frontale: tanto, non me ne importava un fico secco di essere identificato come l'autore del gavettone. Bastava posizionarsi un due-tre metri di fronte al bersaglio ed effettuare il lancio della tumida massa.
      Il gavettone frontale è decisamente il migliore, come dinamica e come capacità di coprire completamente d'acqua la vittima. Inoltre, ha maggiore visibilità e può attirare di più l'attenzione dei presenti, incrementandone l'effetto goliardico.
      Encomiabile e commovente fu la reazione di Marco, il quale, quando sollevando lo sguardo dal libro che stava leggendo si accorse che stavo per tirare il gavettone, gridò: "I libri!", e fece scudo col suo corpo ai volumi che si era portato sulla sedia sdraio. Eroe con la "e" maiuscola: non temette neppure un secondo di esporsi alla secchiata e il suo primo pensiero fu di proteggere i suoi libri.
      Dove, modestia a parte, raggiunsi la perfezione fu nel gavettone lanciato a Sandra. Ma non per miei meriti particolari; così, mi riuscì bene e basta. Sandra era addormentata su una sedia sdraio a bordo piscina. Silenziosamente mi posizionai col secchio d'acqua in mano a circa tre-quattro metri da lei ed effettuai il lancio. Vista la distanza, ebbi la soddisfazione di vedere la compatta massa acquea uscire dal secchio, librarsi un attimo in aria e planare su tutto il corpo di Sandra, che naturalmente si svegliò all'improvviso. La mia soddisfazione fu ancor più grande perché gli altri amici, avendomi visto col secchio in mano, si erano fermati ad osservare la scena e dopo ridevano di gusto, mostrando di avere notevolmente apprezzato la mia performance. Sandra si alzò di scatto dalla sdraio e voleva buttarmi in piscina, dimostrando così di essere la sola a non avere apprezzato il gavettone, ma poi desistette dal suo desiderio di rendermi pan per focaccia ossia riempiendo il secchio d'acqua e poi facendomi colare il contenuto a partire dalla testa; io rimasi immobile a subire la giusta replica.

     Veniamo ora allo scherzo delle foto che feci a Maury. L'ispirazione mi venne dalla scena del film Amici Miei Atto II in cui, al bar ristorante del Necchi, gli amiconi prendono un attimo "in prestito" le macchine fotografiche per immortalare con degli scatti le loro (degli amiconi) parti virili e i loro fondoschiena, immaginandosi la sorpresa dei turisti nipponici che, al loro ritorno in patria avrebbero fatto sviluppare le foto, vedendovi dei prodigi "architettonici" del tutto imprevisti. Eh, sì, avere cultura cinematografica a volte aiuta proprio.
      E così, quando il venerdì pomeriggio della settimana di vacanza ad Ischia ci recammo alle Terme di Poseidon, approfittai del quarto d'ora in cui Maury era andato a fare la sauna e aveva lasciato la sua macchina fotografica in custodia a me, che me ne rimasi spaparanzato su una sedia a sdraio. Presi il provvidenziale strumento tecnologico e mi misi a scattare foto "compromettenti" all'insaputa di Maury. All'insaputa ... tengo a precisare che il mio amico non è parente di quel noto politico che qualche anno fa si fece pagare una parte dell'alloggio a sua insaputa.
      Per la verità, di foto clandestine ne feci soltanto due. Una in cui mi immortalai il "davanti"; naturalmente col costume da bagno indossato, perché se mi fossi fotografato ignudo, mi avrebbero certamente arrestato in quanto mi trovavo all'aperto. La seconda foto fu un autentico atto di perfidia da parte mia: Maury era venuto in vacanza senza la palla al piede, pardon, senza la sua compagna, Grazia, che aveva appena cambiato lavoro e non poteva ancora prendersi delle ferie; or bene, sapendo che Grazia era oltremodo gelosa, scattai una foto con l'immagine della leggiadra ragazza in bikini che in quel momento stava prendendo il sole a pochi metri da me. Eh, sì, lo ammetto: a volte sono proprio stronzo. Solo a volte?

      Quella del 1996 fu l'ultima vacanza che io e gli altri amici passammo insieme. Uccio non venne e la cosa basta già a spiegare il calo del clima di allegria e di convivialità fra di noi. Ma c'era di più: la sensazione, per lo più inespressa, che cambiamenti in vista nella vita di alcuni di noi e forse anche piccoli screzi, piccole o grandi divergenze, avrebbero presto portato allo scioglimento della nostra compagnia. Cosa che puntualmente si verificò di lì a qualche mese. Di fatto, il matrimonio di Santiago e di Letizia, celebratosi nella primavera dell'anno successivo, fu l'ultima occasione in cui quasi tutti ci trovammo insieme.
      Certo, nel settembre del 1996, non mancarono momenti di allegria e di spensieratezza ma la magica atmosfera dell'amicizia di gruppo era già incrinata.
      E così, fra una battuta di Capi e l'altra (notevoli le "Se il cielo è foscolo, chiamate Ugo" e "L'isola che si vede dopo Ventotene è Ventinovene"), l'unico scherzo che feci fu quello a Cristiana.
     Se la memoria non m'inganna, fu proprio Capi a suggerirmela come bersaglio.
      Fu uno scherzo in tono minore, perché anch'io risentivo del clima più depresso che vacanziero che si respirava fra di noi. Mi limitai a sottrargli una maglietta mentre lei era in piscina e a nascondergliela dietro la siepe che circondava la piscina medesima.

      Lo scherzo diede origine a un mistero: quando rivelammo a Cristiana, che da una buona mezz'ora stava cercando la sua maglietta, il posto dove l'avevo nascosta, lei vi si recò e poi ci disse che l'indumento non c'era. Può darsi che nel frattempo qualcuno se ne fosse impossessato ma Capi sospettò che si trattasse di una piccola vendetta cinese di Cristiana, che aveva trovato la maglietta ma voleva farci credere il contrario. Fatto sta che il buon Capi la risarcì regalandole una delle sue T-shirt.

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