Eccomi pronto a raccontare gli scherzi
che feci agli amici con cui trascorsi tre vacanze ischitane, dal 1994 al 1996.
Il primo anno fui limitato nei miei
movimenti da una rovinosa caduta nei pressi della Chiesa del Soccorso (che io ribattezzai
Chiesa del Pronto Soccorso), a causa della quale mi procurai la distorsione al
polso sinistro con immediata steccatura del medesimo.
Anzi, il primo scherzo della vacanza non
lo feci, lo subii. Fu Maury, una sera, a farmi il sacco. Dicesi "sacco"
quello scherzo tipicamente da caserma in virtù del quale si toglie dal letto
una delle due lenzuola e si piega e blocca la rimanente in modo che sembrino
due: la vittima, tratta in inganno da sì adattamento del lenzuolo, prova e
riprova a infilarsi in mezzo ma non ci riesce. E così accadde anche a me:
entrai nella camera a sei letti in cui io, Maury e altri amici eravamo ospitati
e provai una buona mezz'ora a infilarmi, nel mio letto, in quelle che credevo
essere due lenzuola. Alla fine, mentre Maury, comodamente già sistematosi nel
suo letto, già rideva sotto i baffi, esclamai spazientito: "Ma che cazzo
hanno fatto?!".
Subito dopo l'amicone mi avvisò dello
scherzo, mi informò della sua natura e mi restituì il lenzuolo sottratto e
debitamente nascosto, aiutandomi a risistemare il letto.
Maury fu altresì l'ideatore e il
suggeritore dello scherzo che quel primo anno mi vide come esecutore materiale.
Ultima sera di vacanza. Dopo cena, si
decise di fare il classico bagno di mezzanotte, nella piscina con acqua termale
dell'agriturismo dove ci trovavamo. Io non potevo farlo, causa polso steccato,
e Maury mi propose: "Mentre noi facciamo il bagno, tu nascondi gli
asciugamani e gli accappatoi degli altri, così quando escono sai che ridere nel
vederli tutti infreddoliti". Potevo io rifiutare sì allettante
prospettiva? Certo che no!
E così, mentre gli altri si sollazzavano
in acqua, io quatto quatto nascosi ogni accappatoio e ogni asciugamano,
COMPRESO PERO' ANCHE QUELLO DI MAURY (eh, eh, eh!), dietro la siepe che
circondava la piscina.
Quando, ad uno ad uno, i bagnanti di
mezzanotte uscirono dalla vasca, fu uno spettacolo favoloso vederli stupefatti
per la scomparsa di sì provvidenziali manufatti tessili e subito dopo
osservarli mettersi a battere i denti per il freddo e a strofinarsi
energicamente braccia, gambe e addome per avere un minimo di riscaldamento
corporeo.
Già, perché quello che frega del bagno di
mezzanotte non è la temperatura dell'acqua (quella ambiente è ancora calda del
sole estivo da poco tramontato, non parliamo poi di quella termale, che era per
l'appunto il nostro caso) ma il contrasto fra l'acqua ancora calda e l'aria
fresca della notte.
Solo Maury, da vero macho, non sembrava
patire i simpatici effetti del calo di temperatura fra acqua e aria. Forse
perché un po' se lo aspettava che non l'avrei risparmiato e non aveva patito
l'effetto sorpresa.
Rimessisi dallo shock termico in modo
sufficiente da potersi muovere con riacquistata disinvoltura, i nostri amici si
misero mettersi alla ricerca dei loro asciugamani e accappatoi. Che del resto
non impiegarono molto a ritrovare.
La seconda vacanza a Ischia, quella del
1995, fu quella più bella. Sia perché c'era Uccio, che fu sempre il collante
della nostra compagnia e il catalizzatore di buonumore, risate e scherzi. Sia
perché, badando bene a tenermi alla larga dalla Chiesa del Soccorso, non mi
infortunai e, nel pieno possesso delle mie facoltà fisiche, mi scatenai in vari
divertimenti.
Per la verità, all'inizio della vacanza
Maury, che l'anno precedente mi aveva suggerito lo scherzo di nascondere
asciugamani e accappatoi durante il bagno di mezzanotte, questa volta me ne
propose uno ancora più bastardo. Mi disse cioè: "Mettiamoci d'accordo: io
mi metto a parlare con qualche nostra amica per distrarla, tu arrivi da dietro,
le slacci il top del costume da bagno e glielo porti via". Ma mi rifiutai
categoricamente di fare una cosa del genere: non faccio scherzi da frustrato
sessuale.
Lo scherzo ricorrente che feci, e che mi
guardai bene dal comunicarlo agli amici (quando, mesi dopo, lo confidai a
Maury, questi ci rimase male assai), fu di fare pipì mentre facevo il bagno
nella piscina con acqua termale. Sempre mesi dopo, raccontai lo scherzo al mio
collega Luciano e questi mi disse: "Non dovevi pisciare in piscina, ci
dovevi cagare dentro". Azione che sarebbe stata del tutto inutile, perché,
facendovi il bagno i miei amici, di stronzi che galleggiavano sull'acqua ce
n'era più che a sufficienza.
Col secondo scherzo mi presi la rivincita
sul sacco che Maury mi aveva fatto l'anno prima. Una sera, mentre Maury e gli
altri piroettavano sulla terrazza dell'agriturismo al ritmo delle danze
popolari, mi fiondai nella camera a noi assegnata portandomi dietro una
bottiglietta d'acqua e ne versai il contenuto sul letto di Maury, AD ALTEZZA
INGUINALE: in modo che, progettai beffardamente, il giorno dopo i ragazzi che
curavano la pulizia delle camere, vedendo le lenzuola bagnate IN QUELLA ZONA,
pensassero che Maury avesse fatto la pipì a letto. Alla veneranda età di quasi
36 anni.
Lo scherzo riuscì a metà, nel senso che il
disagio glielo procurò ma la figuraccia del piscione non la fece, perché,
quando scoprì la macchia imbarazzante, Maury tolse le lenzuola andandole a
stendere fuori dalla camera e quella notte dormì sul nudo materasso.
Durante le cene all'aperto
nell'agriturismo che ci ospitava, presi di mira Uccio.
La cucina di Vito era in buona parte a
base di limone, le cui scorze abbondavano sulla tavola al termine del desinare.
Io, allora, ero solito prenderne una, andare di soppiatto alle spalle di Uccio,
che era ancora seduto, tirargli all'indietro la maglia e far cadere la scorza
di limone fra le spalle di Ucico e la sua maglia.
Poiché dopo un paio di giorni, il giochino rischiava di diventare
monotono, a patire dal terzo introdussi una piccola aggiunta: dopo che la
scorza gli era scivolata lungo la schiena, ponevo una mano sulla maglia di
Uccio e gli facevo un energico massaggio onde spiaccicargli ben bene la scorza
sulla schiena.
Naturalmente, non mi feci mancare nemmeno
qualche puntatina sul classico. E dire classico a proposito di scherzi in una
località marina significa dire gavettone.
Secchi di plastica a bordo della piscina
ce n'erano a disposizione, così come gli amici che prendevano il sole a bordo
di essa e che, di conseguenza, erano ottimi bersagli.
La condizione per la buona riuscita di un
gavettone è calcolare bene la quantità di acqua da mettere nel secchio: troppo
poca, impedisce al bersaglio di essere adeguatamente innaffiato; troppa,
invece, fa correre il rischio di non raggiungere la vittima designata.
Attinta ogni volta la quantità giusta di
acqua da un rubinetto poco distante dalla piscina, mi davo da fare per colpire.
Se l'amico o l'amica era sveglia e
vigile, prendendo le vie larghe mi posizionavo alle sue spalle e, oplà!,
lanciavo l'acqua che gli pioveva addosso senza che egli o ella potessero
accorgersene.
Se invece vedevo il bersaglio
addormentato o assorto nei suoi pensieri talmente tanto da non vedere davanti a
sé oppure intento a leggere, allora preferivo l'attacco frontale: tanto, non me
ne importava un fico secco di essere identificato come l'autore del gavettone.
Bastava posizionarsi un due-tre metri di fronte al bersaglio ed effettuare il
lancio della tumida massa.
Il gavettone frontale è decisamente il
migliore, come dinamica e come capacità di coprire completamente d'acqua la
vittima. Inoltre, ha maggiore visibilità e può attirare di più l'attenzione dei
presenti, incrementandone l'effetto goliardico.
Encomiabile e commovente fu la reazione
di Marco, il quale, quando sollevando lo sguardo dal libro che stava leggendo
si accorse che stavo per tirare il gavettone, gridò: "I libri!", e
fece scudo col suo corpo ai volumi che si era portato sulla sedia sdraio. Eroe
con la "e" maiuscola: non temette neppure un secondo di esporsi alla
secchiata e il suo primo pensiero fu di proteggere i suoi libri.
Dove, modestia a parte, raggiunsi la
perfezione fu nel gavettone lanciato a Sandra. Ma non per miei meriti
particolari; così, mi riuscì bene e basta. Sandra era addormentata su una sedia
sdraio a bordo piscina. Silenziosamente mi posizionai col secchio d'acqua in
mano a circa tre-quattro metri da lei ed effettuai il lancio. Vista la
distanza, ebbi la soddisfazione di vedere la compatta massa acquea uscire dal
secchio, librarsi un attimo in aria e planare su tutto il corpo di Sandra, che
naturalmente si svegliò all'improvviso. La mia soddisfazione fu ancor più
grande perché gli altri amici, avendomi visto col secchio in mano, si erano
fermati ad osservare la scena e dopo ridevano di gusto, mostrando di avere
notevolmente apprezzato la mia performance. Sandra si alzò di scatto dalla
sdraio e voleva buttarmi in piscina, dimostrando così di essere la sola a non
avere apprezzato il gavettone, ma poi desistette dal suo desiderio di rendermi
pan per focaccia ossia riempiendo il secchio d'acqua e poi facendomi colare il
contenuto a partire dalla testa; io rimasi immobile a subire la giusta replica.
Veniamo ora allo scherzo delle foto che
feci a Maury. L'ispirazione mi venne dalla scena del film Amici Miei Atto II in
cui, al bar ristorante del Necchi, gli amiconi prendono un attimo "in
prestito" le macchine fotografiche per immortalare con degli scatti le
loro (degli amiconi) parti virili e i loro fondoschiena, immaginandosi la
sorpresa dei turisti nipponici che, al loro ritorno in patria avrebbero fatto
sviluppare le foto, vedendovi dei prodigi "architettonici" del tutto
imprevisti. Eh, sì, avere cultura cinematografica a volte aiuta proprio.
E così, quando il venerdì pomeriggio
della settimana di vacanza ad Ischia ci recammo alle Terme di Poseidon,
approfittai del quarto d'ora in cui Maury era andato a fare la sauna e aveva
lasciato la sua macchina fotografica in custodia a me, che me ne rimasi
spaparanzato su una sedia a sdraio. Presi il provvidenziale strumento
tecnologico e mi misi a scattare foto "compromettenti" all'insaputa
di Maury. All'insaputa ... tengo a precisare che il mio amico non è parente di
quel noto politico che qualche anno fa si fece pagare una parte dell'alloggio a
sua insaputa.
Per la verità, di foto clandestine ne
feci soltanto due. Una in cui mi immortalai il "davanti";
naturalmente col costume da bagno indossato, perché se mi fossi fotografato
ignudo, mi avrebbero certamente arrestato in quanto mi trovavo all'aperto. La
seconda foto fu un autentico atto di perfidia da parte mia: Maury era venuto in
vacanza senza la palla al piede, pardon, senza la sua compagna, Grazia, che
aveva appena cambiato lavoro e non poteva ancora prendersi delle ferie; or
bene, sapendo che Grazia era oltremodo gelosa, scattai una foto con l'immagine
della leggiadra ragazza in bikini che in quel momento stava prendendo il sole a
pochi metri da me. Eh, sì, lo ammetto: a volte sono proprio stronzo. Solo a
volte?
Quella del 1996 fu l'ultima vacanza che
io e gli altri amici passammo insieme. Uccio non venne e la cosa basta già a
spiegare il calo del clima di allegria e di convivialità fra di noi. Ma c'era
di più: la sensazione, per lo più inespressa, che cambiamenti in vista nella
vita di alcuni di noi e forse anche piccoli screzi, piccole o grandi
divergenze, avrebbero presto portato allo scioglimento della nostra compagnia.
Cosa che puntualmente si verificò di lì a qualche mese. Di fatto, il matrimonio
di Santiago e di Letizia, celebratosi nella primavera dell'anno successivo, fu
l'ultima occasione in cui quasi tutti ci trovammo insieme.
Certo, nel settembre del 1996, non
mancarono momenti di allegria e di spensieratezza ma la magica atmosfera
dell'amicizia di gruppo era già incrinata.
E così, fra una battuta di Capi e l'altra
(notevoli le "Se il cielo è foscolo, chiamate Ugo" e "L'isola
che si vede dopo Ventotene è Ventinovene"), l'unico scherzo che feci fu
quello a Cristiana.
Se la memoria non m'inganna, fu proprio
Capi a suggerirmela come bersaglio.
Fu uno scherzo in tono minore, perché
anch'io risentivo del clima più depresso che vacanziero che si respirava fra di
noi. Mi limitai a sottrargli una maglietta mentre lei era in piscina e a
nascondergliela dietro la siepe che circondava la piscina medesima.
Lo scherzo diede origine a un mistero:
quando rivelammo a Cristiana, che da una buona mezz'ora stava cercando la sua
maglietta, il posto dove l'avevo nascosta, lei vi si recò e poi ci disse che
l'indumento non c'era. Può darsi che nel frattempo qualcuno se ne fosse impossessato
ma Capi sospettò che si trattasse di una piccola vendetta cinese di Cristiana,
che aveva trovato la maglietta ma voleva farci credere il contrario. Fatto sta
che il buon Capi la risarcì regalandole una delle sue T-shirt.
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