Se volessi elaborare una legge in stile
Murphy, scriverei: "Quando sei fuori di casa per una passeggiata o per una
commissione, ti viene voglia di urinare nel punto più lontano dalla tua
abitazione".
Ed è proprio così: il bisogno di fare pipì
ti viene proprio nel punto di massima lontananza da casa tua o dal primo
servizio igienico disponibile: nemmeno cento metri prima, dove potresti
invertire la rotta; e nemmeno cento metri dopo, quando sei già sulla via del
ritorno. Giusto, così, per darti il massimo del cammino da fare con la vescica
che reclama impellentemente.
E', quello minzionico, un bisogno
subdolo, che non si annuncia gradualmente, in modo che tu possa accelerare il
passo o fare dietrofront, ma all'improvviso e in tutta la sua massima
intensità. Che cessa solo quando potrai finalmente scaricare l'incomodo liquido
che carsicamente spumeggia nelle tue parti intime.
Quando ti coglie, come un fulmine a ciel
sereno, la prima cosa che pensi è come mai non sei andato in bagno prima di
uscire di casa. Eppure una disavventura del genere ti è già capitata centinaia
di volte. Ma tu niente: continui a disattendere questa piccola e pur
efficacissima precauzione oltretutto salutare, perché l'urina è sempre meglio
scaricarla appena possibile, anche senza avvertire alcuno stimolo.
Cosa fare quando ti viene voglia di
orinare quando hai raggiunto lo "zenit orizzontale" della tua
passeggiata o della tua commissione? Ovviamente ti dirigi subito verso casa. A
meno che tu non conosca nelle vicinanze un bar o comunque un locale dotato di
servizi igienici aperti al pubblico. Oppure non ti trovi nei pressi di qualche
vespasiano ubicato in un parco. Quest'ultima soluzione però è da evitare per
motivi igienici: meglio affrontare una veloce ritirata verso casa.
In un attimo scegli la direzione da
prendere. Se hai fatto finora un percorso lineare non devi nemmeno decidere: ti
basta girare sui tacchi e tornare indietro. Ma se la tua passeggiata è
"circolare" o "quadrangolare", cioè se a un certo punto hai
girato a destra o a sinistra ed ora ti trovi sì in posizione perpendicolare
rispetto a casa tua ma devi comunque affrontare delle svolte a destra o a
sinistra, devi decidere se tornare indietro o proseguire per arrivare a casa
dalla direzione opposta rispetto a quella da dove sei partito. Di solito, non
fa alcuna differenza ma a volte la presenza di più semafori da una direzione
rispetto all'altra oppure la diversa durata del "rosso" fra i semafori,
obbliga ad una rapida analisi del percorso prima di incamminarsi verso
l'agognata meta ossia verso il casalingo wc.
Comunque sia, quando ti scappa becchi
tutti i semafori rossi, che rimangono di quel colore per una durata che a te
sembra interminabile. E come se non bastasse, quando il semaforo diventa verde
ti trovi spesso un'automobile o un camion davanti, che vuole, anzi, pretende di
svoltare e col cavolo che si è fermato prima della linea dello stop quando il
semaforo è diventato giallo.
Lungo i marciapiede, poi, incontri tutte
persone che conosci e tutte, dico tutte, si fermano per chiacchierare con te.
Nove su dieci di solito o ti rivolgono un saluto frettoloso e tirano avanti per
la loro strada o girano la testa da un'altra parte per non salutarti. Ma quando
ti scappa la pipì e vorresti tornare a casa il più in fretta possibile, allora
no: ti fermano, parlano di cose di cui a te non importa un fico secco e, se per
caso accenni ad andartene, ti trattengono per un braccio per farti sentire la fine
dei loro inutili sproloqui. Bastardi.
Appena ti liberi dei rompiscatole, ti
prende l'istinto di accelerare il passo per arrivare a casa il più in fretta
possibile. Errore da non fare: più uno corre e più la pipì ribollisce dentro,
aumentando lo stimolo.
Ai semafori rossi, per cercare di
trattenere la pipì ti metti a saltellare come se ti avesse morsicato una
tarantola. La figura del fuori di testa è assicurata.
Finalmente giungi non alla Terra Promessa
ma al portone dello stabile dove abiti.
Cerchi le chiavi di casa ma non le trovi.
La pipì ribollisce sempre di più. Come per tutte le cose, più ti affanni a
farle e più tardi le finisci. E così frughi freneticamente nelle tue tasche,
una, due, tre, quattro volte. Niente: non saltano fuori. Appena riacquisti un
po' di calma, infili la mano in una tasca, senti un fazzoletto, la premi su di
esso e ti accorgi le il mazzo di chiavi sta sotto il fazzoletto.
Afferri rabbiosamente le chiavi ma le tue
mani, ormai tremolanti, proprio non vogliono sapere di pescare dal mazzo la
chiave giusta, anche se in esso le chiavi non sono più di quattro o cinque.
Alla fine ce la fai. Prendi la chiave
giusta, la infili nella toppa, il portone si apre e ti trovi nell'androne.
Alla velocità della luce che neanche
Superman giungi davanti alla porta dell'ascensore. Occupato.
Passano i secondi, anche i minuti.
Niente. Due stronzi o due stronze stanno beatamente chiacchierando sul
pianerottolo del terzo o quarto piano, naturalmente tenendo aperta la porta
dell'ascensore.
La voglia di scaricare la vescica cresce
in misura direttamente proporzionale alla volgarità degli insulti che vorresti
rivolgere a chi non lascia libero l'ascensore.
Alla fine dell'interminabile chiacchiericcio,
lo chiami e lo prendi.
Ti rendi conto che la tua capacità di
resistenza è ormai al limite e, usando la Ragione, mentre l'ascensore sale
decidi di portarti avanti col lavoro e ti sbottoni il cappotto o il giubbotto.
Esci sul pianerottolo e, saltellando
ormai incontrollabilmente, la porta del tuo appartamento.
Ti precipiti con la stessa velocità di un
proiettile verso il bagno, senza curarti del rischio di travolgere persone o
cose.
Entri nel bagno e senza badare
minimamente di chiudere la porta o la finestra eventualmente rimasta aperta ti
fiondi davanti alla tazza del water: il tuo unico desiderio è orinare, non ti
importa un fico secco se qualcuno ti vede farlo.
A quel punto, se nell'ascensore non ti
sei curato di alcun pudore e non ti sei già abbassato la cerniera dei pantaloni
piombando sul pianerottolo con la lampo abbassata, l'ultimo ostacolo da
superare è appunto la cerniera, la quale funzionava benissimo tutte le volte che
andavi in bagno senza che ti scappasse la pipì e ora, invece, si è incastrata.
Cominci ad armeggiare con la lampo, che
proprio non vuole saperne di sbloccarsi. Provi e riprovi, mentre mentalmente ti
poni delle alternative tipo prendere un paio di forbici e fare a pezzi i
pantaloni pur di liberarti la zona inguinale, e alla fine ce la fai ad
abbassare la cerniera.
Sembra fatta ma, colpo di scena!, sarà
per il saltellare o per i movimenti frenetici per sbloccare la lampo, ti
accorgi che si è attorcigliata in modo allucinantemente contorto l'apertura
delle mutande adibita a far uscire il pisello per poter fare la pipì.
Cominci allora ad armeggiare con le
mutande, sfiorandoti ripetutamente il pisello, che alla minima sollecitazione
potrebbe mollare la pipì, con conseguenze facilmente immaginabili. Ovviamente
sei talmente concentrato su quest'ultimo imprevisto che non pensi nemmeno
lontanamente alla figuraccia imbarazzante che faresti se, dalla finestra aperta
qualcuno dai palazzi di fronte ti stesse guardando e ne traesse la conclusione,
sbagliata ma pur verosimile, che tu ti stessi facendo una pippa.
Alla fine anche l'ostacolo delle mutande
è superato, appianato, rimosso, sia che riesci a sbrogliare la matassa
attorcigliata, sia che vai per le spicce e te le tiri giù.
E puoi dar libero sfogo alla tua
impellenza, sparando un getto liquido come da un idrante a dieci atmosfere.
Attento però a mantenere il controllo: se
nell'atto liberatorio non tieni il tuo "idrante" ben posizionato
verso la tazza del water, rischi che le tue personali "cascate del
Niagara" incrementino di 1 il numero dei Grandi Laghi dell'America del
Nord.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.