venerdì 28 febbraio 2025

Tante persone

Sull’abaco dei miei anni è già alto il numero delle persone che ho conosciuto e che non vivono più nel mondo terreno.

Persone viste, sentite, a volte solo sfiorate, altre volte conosciute un po’ meglio, che hanno fatto corona al mio passaggio nella vita e che ora sono consegnate all’album dei miei ricordi.

Una grande fiumana di gente è passata in quel punto sempre diverso che si chiama “presente”, gente che ho visto scorrere verso l’eternità e il cui ricordo mi accompagna nel mio navigare sospinto da quella silenziosa, lenta ma possente corrente che è il tempo.

Persone con cui ho condiviso un lungo tratto di strada, un lungo tratto di fiume; ma anche persone che mi hanno sfiorato e che ho sfiorato per un attimo appena, per un giorno appena, come foglie portate dal vento che guardi volare via mosse da brezza o da tramontana.

Di alcune mi rimane il rimpianto di non aver potuto o voluto conoscerle di più, conoscerle meglio. Ma forse è il rimpianto che tutti provano nel ricordare chi prima di noi ha cominciato a calcare il palcoscenico del mondo e prima di noi ha lasciato quello stupendo teatro che è la vita terrena.

Mi dà un po’ di tristezza scoprire di avere già un discretamente lungo passato alle spalle e di avere assistito a tanti commiati dal mondo.

Ma altre persone mi restano ancora e continueranno ad accompagnare i miei giorni futuri: petali teneri e dolci che cadranno dal fiore di questa vita, chi prima e chi dopo di me.

E nuove persone verranno a colmare vuoti presenti e futuri, a presentarsi a me come nuovi compagni di viaggio. Spero di dare loro quello che io ho ricevuto da chi non c’è più e da chi c’è ancora e continua con la sua presenza e col suo affetto a confortare il mio cammino.


venerdì 21 febbraio 2025

Guardando le foto di un tempo

Guardando le foto d’un tempo, vecchie foto tenute in un cassetto sempre pronto ad essere aperto, ritrovo me stesso, i miei passi, le mie radici.

Mi ritrovo in compagnia di persone amate, che non ci sono più o che mi rimangono accanto coi graffi prodotti dallo scalpello di quel maldestro scultore che è il Tempo.

Foto in bianco e nero, scattate con macchine che ora potrebbero stare in un museo; foto dai bordi tratteggiati come se fossero un francobollo gigante, stampate su carta spessa  che è un piacere toccare, tenere in mano; foto semplici ma indelebili, come del resto lo sono tutte le cose semplici.

Foto a colori, presto ingiallite: metafora triste che all'allegra e fresca tonalità cromatica della primavera e ai forti e passionali colori dell'estate segue sempre lo scolorire dell'autunno, lo sfumare delle emozioni della vita in una dolce tristezza.

Mi guardo bambino, mi guardo ragazzo, ma non sorge in me la nostalgia, la malinconia per ciò che non sono più. Anzi, per ciò che sono ancora ma arricchito da tante, ulteriori esperienze, belle o brutte che siano state.

Quel ragazzo, quel giovane uomo senza rughe e senza pancetta sono io, rimango io: quelle foto fissano una stratificazione esistenziale che ha continuato a diventare più spessa.

Non c'è malinconia ma solo gratitudine nel vedere com'ero: senza il mio essere allora, non sarei quello di oggi.

Nei miei occhi non ci sono lacrime di nostalgia per ciò che non sono più; nel mio sguardo brilla invece un lieto e sereno sorriso.


sabato 15 febbraio 2025

Il mio ritratto in venti domande e altrettante risposte

Il mio giudizio su Coelho scrittore è contrastato: mi piace molto il suo stile letterario (merito anche dei suoi traduttori) ma, quanto ai contenuti, detesto il suo mix culturale fra cattolicesimo osservante e magia, miscuglio che può ingenerare confusione in gente che è già molto confusa per conto suo. Non a caso, l’unico suo libro che apprezzo molto è Undici minuti, nel quale il romanziere brasiliano è rimasto, come dire?, coi piedi per terra.

Ad ogni modo, sulla scia di quanto Coelho ha scritto in un suo volumetto (cfr. Paulo Coelho: biografia di un narratore, Milano, Bompiani, 2003, pp. 107-110), provo a tracciare un mio ritratto rispondendo a venti domande.


Il tuo pregio più grande?

La mancanza d’invidia: le cose belle che capitano agli altri sono per me fonte di gioia e non motivo di rabbia.

 

Il tuo peggior difetto?  

Il rancore: non mi porta quasi mai a compiere atti vendicativi ma è difficile che io riesca a perdonare chi mi ha fatto del male.

 

Una passione?

La Storia, senza dubbio. Il passato è per me una base irrinunciabile dell’esistenza: sapere cos’hanno fatto e come pensavano gli uomini e le donne che mi hanno preceduto sulla Terra è una preziosa fonte di insegnamento.

 

Un’esperienza catartica?

Guardare dentro di me senza la paura di scoprire i miei errori.

 

La tua fonte d’ispirazione?

Le persone, che osservo sempre con dissimulata attenzione.

 

La cosa che ti fa più paura?

La stupidità di chi non sa pensare con la sua testa e vuole imporre ad altri ciò che è stato imposto a lui.

 

La tua più grande aspirazione?

Scrivere non solo per me stesso ma anche per gli altri: mettere a loro disposizione le mie riflessioni senza volerle imporle ad alcuno.

 

La prossima montagna da scalare?

Quella che è più vicina a me, quella che si chiama “oggi”.

 

Gli amici?

      Una realtà sfuggente, che credi di aver catturato ma che ti scappa via di continuo. E tu avverti sempre, amarissima, la sensazione del tradimento.

 

Le donne?

Un universo affascinante, da esplorare con rispetto e con ammirazione.

 

Gli uomini?

Degli eterni bambinoni: il vero sesso debole.

 

La verità?

Una parola che ognuno adopera a suo uso e consumo.

 

Il tempo?

Un immenso fiume che fa scorrere la nostra vita dalla sorgente dei nostri genitori allo sbocco nell’eternità.

 

La fama?

Vanità, nient’altro che vanità.

        

La fortuna?

Quella che ho avuto finora, ed è tanta; non quella che potrei avere e che già da un bel po’ di tempo ho smesso di desiderare.

 

L’impossibile?

La serena accettazione dei miei limiti.

 

La felicità?

Consapevolezza di ciò che hai avuto e di ciò che hai, senza badare a ciò che non hai avuto e a ciò che non puoi avere.

 

Il lavoro?

Se è appagante, è una parte importante della nostra vita. Se è alienante, è una prigione da cui continuamente si vorrebbe evadere.

 

La bellezza?

Una rosa che al mattino ha ancora sui suoi petali le gocce di rugiada, su cui si riflette la luce del sole.

 

La serenità?

Uno stato dell’anima che si costruisce a poco a poco, fra alti e bassi, con inevitabili ricadute: assenza di esaltazione, calma interiore che non impedisce di provare né gioia né dolore.