domenica 3 gennaio 2016

Il mio esame di Geografia a Lettere

Negli anni in cui frequentai la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino, l'esame più ostico era quello di Geografia, il quale, se andava male, non portava a un voto basso ma alla bocciatura, che consisteva nel sostenerlo di nuovo alla successiva sessione.
O, per meglio specificare, erano ostico l'esame di Geografia A, non quello di Geografia B.

Quando uno pensa alla Geografia, gli vengono in mente i programmi delle Medie, Inferiori e Superiori, e parte dal presupposto che gli esami universitari di questa materia siano a base di mari, monti, fiumi e pianure, di Regioni, Stati, Continenti, etc. Niente di più sbagliato: si tratta di un esame in gran parte consistente nello studio della metodologia, con tanto di teorie e formule, l'esame più difficile della Facoltà di Lettere e Filosofia dei miei tempi.
A ciò si aggiunga che uno dei due titolari di cattedra di Geografia era la severissima prof.ssa Sereno, che se poteva stangare qualcuno non si faceva di sicuro pregare. Non a caso, l'80 % degli insulti sulle pareti di Palazzo Nuovo (la sede delle Facoltà Umanistiche) era rivolto a lei. Io non sono e nemmeno all'epoca ero contrario alla severità in un docente, anzi, la ritengo una delle qualità per cui uno studente debba essere eternamente grato ai suoi professori ma c'è severità e severità, e quella della prof.ssa Sereno era una severità esagerata, eufemisticamente parlando.
Inserii l'esame di Geografia nel piano di studi non perché fossi particolarmente appassionato alla materia ma perché esso era uno di quelli necessari per poter essere abilitati all'insegnamento delle discipline umanistiche nelle allora Medie Superiori; non ero nemmeno interessato a quella carriera ma, in un periodo della mia vita in cui non sapevo ancora di preciso quale professione avrei svolto, ritenni giusto mantenermi aperta anche quella strada.
Ovviamente, per schivare il pericolo Sereno, scelsi l'esame di Geografia B, quello col prof. Adamo.
Il programma d'esame era diviso in due parti: una sull'Austria e l'altra sulla geografia urbana.
Il testo sulla geografia austriaca era tutto sommato abbordabile, non dissimile dai manuali su cui avevo studiato Geografia negli anni preuniversitari: comprendeva monti, fiumi, pianure, città, etc.
Vi era poi un volumetto sulla storia della geografia urbana, che spiegava le varie teorie presentate dai geografi che nel corso dei secoli si erano occupati delle città; e anch'esso non presentava grandi difficoltà.
Il terzo testo, sulla geografia urbana vera e propria, era invece allucinante, tutto composto da teorie impregnate di formule e grafici di difficile comprensione. Mi accorsi dopo poche pagine di non capirci assolutamente un fico secco. Non volendo rinunciare all'esame e toglierlo dal piano di studi, feci l'unica cosa possibile: imparare o, per meglio dire, cercare di imparare a memoria quel volume, di circa 200 pagine.
Venne il giorno dell'esame. Ero riuscito ad iscrivermi per primo o, per meglio dire, ad affiggere per primo sulla porta dello studio del prof. Adamo un foglietto recante nome e data dell'esame, seguito dal mio cognome e nome al primo posto della lista (era consuetudine che, man mano che arrivavano i candidati a un esame, scrivessero i loro nominativi su un foglio già affisso e quello sarebbe stato l'ordine con cui sarebbero stati interrogati). E quella fu la mia fortuna. Perché?
Perché l'esame era congiunto, Geografia A e B, e prevedeva la presenza sia della Sereno che di Adamo. Va be', si direbbe, io sarei comunque stato interrogato da Adamo, perché mi presentavo sul suo corso; le cose, per la verità, non stavano proprio così, come vedremo.
Quella mattina arrivò puntuale solo il prof. Adamo e diede il via all'esame senza attendere la prof.ssa Sereno, che era in ritardo. In pratica, cominciò con l'interrogare me.
Il prof. Adamo fu corretto: all'esame un docente non deve essere né indulgente né "carogna", deve fare le domande del caso e verificare in base alle risposte la preparazione degli studenti. E così fu il prof. Adamo.
Mi fece una domanda sull'Austria, una sulle teorie della geografia urbana elaborate dai vari studiosi e poi passò alla metodologia della geografia urbana.
Qui risposi citando a memoria (e meno male che l'avevo e ce l'ho ancora buona).
In quel mentre arrivò la Sereno, si sedette e prese ad ascoltare il finale del mio esame.
Dopo qualche secondo mi interruppe, dicendo che avrei dovuto spiegare più approfonditamente quello che avevo esposto.
Già, perché come pochissimi altri professori di Lettere e Filosofia anche lei aveva la pessima abitudine di intromettersi negli esami tenuti dai suoi colleghi.
Mi venne freddo: avevo risposto a memoria all'ultima domanda e, se avessi dovuto approfondire l'argomento, sarebbe sicuramente saltato fuori che non ci avevo capito niente.
A quel punto, però, il prof. Adamo, forse perché conosceva l'abitudine della prof. Sereno di rompere i coglioni, venne in mio soccorso e troncò la questione dicendo: "Non ce n'è bisogno, l'esame può finire qui". Prese il mio libretto universitario e mi diede 30.
Francamente, me ne andai via più sollevato per lo scampato pericolo che contento per il bel voto.
Chissà se, nel corso degli anni, qualche studente, in seguito agli sconfinamenti della Sereno negli esami altrui, le abbia detto: "Ma perché non si fa i cazzi Suoi?".
Probabilmente no. Si saranno limitati a scrivere col gessetto sulle pareti di Palazzo Nuovo qualche colorito insulto nei suoi confronti.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.