sabato 9 gennaio 2016

E dalla nebbia sbucò un signor dal cupo aspetto

      E' strana la memoria.
      Oggi, apprendendo della scomparsa di Gianni Rondolino, benemerito storico del cinema, mi è tornata in mente una mia figuraccia, che era rimasta sepolta decenni nel mio inconscio.
      E che nulla ebbe a che vedere col prof. Rondolino.
      Il fatto è che, quando frequentai Lettere e Filosofia a Torino, il prof. Rondolino era ordinario di Storia del Cinema e la mia mente ne ha associato la cattedra a quella di Storia del Teatro, che in quegli anni era retta da Gian Renzo Morteo.
      E proprio a proposito del prof. Morteo feci quella figura di merda.
      Non all'Università ma prima.

      Negli anni delle Medie Superiori, ogni tanto l'I.T.C. "Elio Vittorini", che frequentavo con discreto e, soprattutto, goliardico profitto, organizzava dei corsi pomeridiani al di fuori del programma scolastico.
      Se ricordo bene, fu in Quinta che organizzò una serie di lezioni di Storia del Teatro, che sarebbero state tenute dal prof. Morteo.
      La prof.ssa Vasario, nostra docente di Lettere e Storia, ci invitò ad andare all'incontro preliminare col prof. Morteo, incontro che avrebbe definito contenuti ed orari di quel corso.
      E così, un plumbeo tardo pomeriggio d'autunno, io e Richetto ci recammo a Grugliasco. Stranamente Antonio non era venuto; di solito formavamo un trio inseparabile.
      Poiché eravamo in anticipo, ci fermammo a chiacchierare un po' sulla balconata che dava sul parcheggio delle auto.
      Forse era novembre, il mese della nebbia. Fatto sta che la nebbia scese, riducendo a pochi metri la visibilità.
      A un certo punto, dall'umida coltre opaca sbucò un uomo: occhiali, sciarpa al collo, vestito di scuro, aspetto cupo, se non vagamente funebre.
      Si diresse verso l'ingresso dell'"Elio Vittorini", ubicato di lato rispetto alla balconata, e vi entrò.
      Dopo averlo visto passare in silenzio, rimasti di nuovo soli, io e Richetto, si può dire all'unisono, ci chiedemmo a vicenda: "Sarà mica quello Morteo?". E ci mettemmo a ridere.
      Dopo un po' arrivò la prof.ssa Vasario, arrivarono altre docenti, arrivarono gli altri studenti e studentesse interessate a quel corso. Entrammo anche noi, raggiungendo la sala dove era stato organizzato l'incontro.
      E al momento della presentazione del visiting professor io e Richetto scoprimmo di avere delle doti profetiche:il tipo dall'aspetto cupo era proprio il prof. Morteo!
      Che poi, cupo non era per niente, anzi: chi lo conobbe e lo frequentò, come colleghi e studenti universitari, concorda che aveva una notevole e raffinata ironia ed autoironia.
      Fatto sta che, durante quell'incontro, io e Richetto facemmo più attenzione a non metterci a ridere che a quello che si diceva. Distogliendo subitamente gli sguardi ogni volta che i nostri occhi ci incontravano, per non venire colti dalla ridarella.
      C'eravamo quasi riusciti a comportarci da persone serie. Se non  che, verso la fine dell'incontro, la prof.ssa Vasario volle chiedere qualcosa al prof. Morteo ma, essendosi seduta in fondo alla sala, non riuscì ad attirare l'attenzione dell'insigne cattedratico alzando canonicamente una mano e così disse ad alta voce: "Uuuuh! Uuuuh!", mettendosi pure a ridere.
      A quel punto si aprirono irresistibili le cateratte, non quelle acquee del Nilo ma quelle ridarole mie e di Richetto, che scoppiammo in plateali risate.
      La prof.ssa riuscì ad attirare l'attenzione del prof. Morteo ed a porgli la domanda, ovviamente ricevendo cortese ed esauriente risposta.
      Quanto a me e a Richetto, approfittammo del primo istante in cui nessuno stava guardando verso la porta della sala e uscimmo alla chetichella, ridendo come pazzi fino a quando, preso l'autobus, Richetto scese dal mezzo pubblico, mentre io proseguii il percorso fino a casa mia.
      Saggiamente, decidemmo di non iscriverci a quel corso di Storia del Teatro.

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