sabato 24 ottobre 2015

Anestesie dal dentista

      A 23 anni d'età mi venne praticata la prima anestesia locale per curare i denti.
      Essendo io disabile e poiché la mia spasticità non ha mai reso agevole le mie cure dentarie, per la mia famiglia fu un vera odissea trovare un odontoiatra disposto a prendersi cura dei miei denti. Da bambino ero sì andato da un dentista in un paio di circostanze ma quello specialista ci aveva chiaramente detto che non aveva piacere di occuparsi di me. Fu dunque giocoforza, da ragazzo, farmi curare i denti in anestesia totale alla clinica odontoiatrica dell'Ospedale Molinette; il che mi procurava la poco piacevole necessità di finire in anestesia generale per cure che altrimenti non l'avrebbero comportata e l'obbligo, per evitare di fare una narcosi totale per un solo dente, di "accumulare" tre o quattro denti cariati, con l'inevitabile conseguenza che le prime carie comparse sarebbero nel frattempo scese in profondità.
       Poi, per mia fortuna, nel 1983 trovammo due odontoiatri, i fratelli dottori Dino e Paolo Cimma, disposti a curarmi i denti e da allora non ho più avuto bisogno di finire sotto anestesia totale per un'otturazione o una devitalizzazione. Come disse un giorno in dottor Dino, nel mio caso bastava avere un po' più di pazienza e un po' più di tempo e per il resto non c'erano problemi di sorta.
      Devo a loro se in bocca ho ancora quasi tutti i denti.
      Queste frasi servano per manifestare al dottor Dino e al dottor Paolo tutta la mia gratitudine.
      Ma torniamo alle iniezioni "dentarie".

      La prima anestesia locale in bocca me la fece il dottor Dino, per "addormentare" un incisivo che andava trapanato in profondità. Non mi fece alcun male, naturalmente, e con sollievo constatai che dopo l'iniezione il trapano non mi procurava alcun fastidio né tantomeno arrecava alcun dolore.
      La cosa filò liscia per un bel po' di sedute, col dottor Dino che mi chiedeva: "Vuoi l'anestesia?", e io che gli rispondevo con convinzione: "Sì".
      Ma la legge dei grandi numeri non sempre si manifesta in modo positivo, come ad esempio far vincere la tua squadra di calcio preferita dopo 45 sconfitte consecutive. E così, nel caso delle anestesie locali dentista, la legge dei grandi numeri si tradusse in episodi in cui patii un male pazzesco.

     A cominciare da quando per la prima volta mi imbattei nella tronculare.
     La quale è quell'anestesia che, praticata nell'arcata dentaria inferiore in un punto oltre l'ultimo molare di destra o di sinistra, ha come fine quello di anestetizzare il nervo che si dipana lungo la mandibola. Questo perché per i molari e in determinati casi anche per i premolari non basta anestetizzare l'area attorno al dente da curare, in quanto esso è in qualche modo a contatto col nervo "mandibolare".
      Il lato antipatico della tronculare non è l'ago lungo della siringa, che serve per raggiungere il fondo della bocca ma un effetto collaterale che a volte si presenta e di cui in quell'occasione ero ancora del tutto all'oscuro.
      Fatto sta che, quando il dottor Dino, che doveva estrarmi la radice di un molare, preparò la siringa, io aprii la bocca tutto rilassato e contento.
      Qualche attimo dopo, però, quando aveva già infilato l'ago nella gengiva, sentii una vera e propria scossa, alquanto dolorosa, corrermi lungo la mandibola. Naturalmente urlai: sono un tipo stoicamente ipersensibile al dolore.
      Il dottor Dino allora mi spiegò che a volte, quando l'ago tocca direttamente il nervo della mandibola, provoca un dolore simile a quello di una scossa elettrica. Non sempre, perché se si inietta l'anestetico in un punto dove l'ago non raggiunge il nervo, l'iniezione non causa alcuna sensazione di scossa.

      Non mi fece invece alcun male la prima tronculare che mi fece il dottor Paolo. Ma la sua origine fu tutta da ridere. A posteriori, naturalmente.
      Accadde il 31 dicembre 1984: certi eventi, si sa, ti segnano talmente che a distanza di anni te ne ricordi anche la data.
      Quella fu la prima volta, che però non fu purtroppo l'ultima, che ebbi un problema odontoiatrico in un periodo festivo. Capita di avere dei problemi nei giorni meno indicati, in cui si rischia di non trovarvi soluzione.
      Meno male che i dottori Cimma si sono sempre mostrati disponibili a ricevermi in seguito alle emergenze. Anni dopo, in un'altra occasione (anch'essa durante le Festività Natalizie), il dottor Paolo addirittura aprì lo studio apposta, interrompendo oltretutto le vacanze, per mettermi a posto un morale. Da persona signorile qual è, non me lo disse per non farmelo pesare ma io lo capii ugualmente.
      Ma torniamo al giorno di san Silvestro del 1984.
      Mi si era rotto un premolare inferiore: era saltata sia l'otturazione che un pezzo di dente; il premolare era ridotto a uno spuntone acuminato e mi faceva pure male.
      In quell'epoca, a curarmi i denti era il dottor Dino e lo sarebbe stato ancora per un po' di anni, prima che si ritirasse e dello studio il dottor Paolo divenisse l'unico titolare.
      Quella mattina però, sia per la data prefestiva, sia perché la mia era un'emergenza e quindi mi aveva ricevuto senza appuntamento, il dottor Dino era occupato con altri pazienti e chiese a suo fratello di prendersi cura di me.
      Come accade all'inizio di ogni seduta, il dottor Paolo prese in mano i due strumenti che servono per ispezionare i denti: lo specchietto e li specillo.
      Quest'ultimo è costituito da un manico con ad entrambe le estremità una punta aguzza e ricurva a mo' di uncino, che serve ad entrare nel dente per togliervi residui di otturazione o parti cariate. Se poi la punta incontra la parte del dente sensibile portata allo scoperto, l'escavatore diventa efficace come un radiotelescopio. Nel far vedere le stelle.
      E fu così che, quando il dottor Paolo toccò con lo specillo la polpa del mio molare, cacciai fuori un urlo che al confronto Tarzan faceva la figura dell'afono.
      Ma, d'istinto, chiusi di scatto la bocca e diedi al dottor Paolo un morsicone tale che la punta acuminata di quel mio premolare fece il suo deciso ingresso in un polpastrello del buon odontoiatra.
      Risultato: anche il dottor Paolo cacciò fuori un urlo che al confronto Tarzan faceva la figura dell'afono.
      Anzi, poiché presumo non passò più di un decimo di secondo fra una sensazione di dolore all'altra e quindi anche da un urlo all'altro, le due manifestazioni vocali di male pazzesco si fusero in un unico urlo bestiale.
      Ripresomi quasi subito dal dolore, vidi che il dottor Paolo si stava ancora tenendo il dito morsicato, sul cui polpastrello si vedeva un taglio di circa un centimetro.
      Dopo che si ebbe suturato il polpastrello con un cerotto, prese in mano la siringa dell'anestesia locale e dall'ago lungo compresi subito la crudele realtà: TRONCULARE!
      Esclamai: "Oh, no!".
      In tutta risposta, il dottor Paolo disse deciso: "Oh, sì!". E mi fece l'iniezione.
      Che però non mi fece alcun male.
      Nove anni dopo, essendo le condizioni di quel premolare peggiorate, il dottor Dino decise di devitalizzarmelo. Temevo la tronculare ma, dopo aver fatto la preliminare verifica con lo specchietto, egli mi disse: "Bene, è un premolare, come anestesia non c'è bisogno di una tronculare, basta  una locale".
     Tirai un sospiro di sollievo ma, dopo essere tornato a casa, mi venne il dubbio: "Quel fatidico 31 dicembre 1984, il dottor Paolo mi aveva fatto la tronculare per quel premolare perché era solito farla a tutti o per vendicasi del morsicone che gli avevo appena dato?".
      Non avrò mai una risposta certa a sì angosciante dilemma esistenziale ma il fatto che non mi aveva fatto male e che, in anni più recenti, mi fece la tronculare per un altro premolare depone per una legittima diversità di scelta fra odontoiatri e non per un attacco di vendicativo sadismo da parte del dottor Paolo.
      Quanto al dottor Dino, mi fece anch'egli altre volte la tronculare. In una di queste, mi confortò dicendomi: "Coraggio, è sempre meglio di una martellata su un dito".
      Non fui d'accordo ma non glielo dissi, anzi, mi misi pure a ridere (anche se di ridere non avevo voglia per niente) per non mostrarmi fifone e affrontai stoicamente l'ennesima sfida col dolore della possibile scossa lungo la mandibola.
      Diciamo che c'è martellata e martellata. Sicuramente la tronculare è molto meglio di una martellata sui coglioni (non foss'altro perché quest'ultima ha degli sgradevoli ed irreversibili effetti collaterali); quanto però alla martellata su un dito, francamente allora l'avrei preferita alla tronculare.

      Non che le locali (le anestesie limitate alla zona del dente da mettere a posto) siano sempre indolori.
      Capita a volte che un dentista e, quel che è peggio, un paziente si imbattano in uno stock di fiale di anestetico inefficaci.
      Una sera il dottor Dino doveva trapanarmi un premolare superiore. Mi fece le due proverbiali punture, una sulla gengiva esterna e l'altra su quella esterna, lasciò passare i minuti necessari all'anestetico per fare effetto, iniziò a trapanare e, appena giunse alla polpa, cacciai fuori un urlo.
      Ritenendo di non avermi iniettato sufficiente anestetico, inserì un'altra fiala nella siringa e mi fece due nuove punture. Con lo stesso effetto: appena toccata la polpa, mi esibii in un nuovo urlo di Tarzan.
      Fece un terzo tentativo. Identica sorte. Lamentandosi delle fiale difettose, mi fece alzare dalla poltrona e mi diede appuntamento per la settimana successiva.
      Quando le cose filarono lisce: l'anestetico fece subito effetto e il dottor Dino poté trapanarmi il premolare senza alcun problema e, soprattutto, senza alcun urlo bestiale da parte mia.

      A un certo punto il dottor Dino smise di occuparsi di odontoiatria e anch'io passai alle cura del dottor Paolo.
      Accadde però che, pochi mesi dopo, incappai in una nuova emergenza:  un male cane a un incisivo inferiore. Recatomi allo studio, vi trovai il dottor Dino, che salutai con vivo piacere.
      Il dottor Paolo mi aveva trovato un buco fra un appuntamento e l'altro ma, visto che il dottor Dino era lì, si misero d'accordo che quest'ultimo si sarebbe preso cura di me.
      Effettuata la valutazione del dente, il dottor Dino mi disse che l'unica cosa da farlo era toglierlo.
      La cosa non mi turbò più di tanto: ho una dentatura un po' strana, coi denti inferiori che, dagli incisivi ai canini, sono più piccoli di quelli superiori, tant'è che anche quando sorrido non si vedono e inoltre, gli incisivi non mi avevano mai aiutato a masticare a dovere. La prospettiva di privarmene di un altro (quelli centrali mi erano stati estratti già nel 1979, prima di conoscere i dottori Cimma) non mi creava alcuna angoscia.
      Inoltre, avevo molto dolore da giorni e, come si suol dire, quando si ha male anche il rimedio più drastico non solo non è detestato ma, anzi, è auspicato.
      Infine, per gli incisivi l'anestesia praticata è la locale, non la temuta tronculare.
      Anche questa volta, però, feci i conti senza l'oste, che in quel caso era rappresentato da un processo chimico che, in presenza di un ascesso o comunque di un'infiammazione a denti e gengive, porta l'anestesia a non sortire efficacia alcuna.
      E fu così che, appena il dottor Dino prese in mano le proverbiali tenaglie e provò a strapparmi via il dente, mi misi ad urlare.
      Anche in questo caso, seconda iniezione e seconda attesa che l'anestetico facesse effetto. Poi, al secondo tentativo di estrarre il dente, nuovo urlo da spennato vivo.
      Vuoi la guerra? - Si dice. - E guerra sia!
      Il dottor Dino passò alla tronculare. Ormai il terrore delle tenaglie si era talmente impadronito di me che benedii anche la tronculare e quasi non avvertii la scossa che mi diede al nervo della parte sinistra della mandibola.
      Nuova attesa di qualche minuto, nuovo tentativo di strappata e nuovo acuto da urlatore da parte mia. Tony Dallara, al mio confronto, era già diventato un sussurratore di frasi gentili alle orecchie delle signore.
      Vidi un'espressione sconsolata negli occhi del dottor Dino.
      Fu allora che Patrizia, l'infermiera di sala, gli suggerì: "E provare con l'intraligamentare, dottore?".
      Termine ostrogoto per indicare quell'iniezione che prevede la penetrazione dell'ago in profondità infilandolo fra il dente e la gengiva.
       Il dottor Dino accolse il suggerimento e mi fece l'intraligamentare. Un male pazzesco! E un nuovo urlo da parte mia, di intensità direttamente proporzionale al dolore pazzesco. Sarebbe stato molto meglio se mi avesse dato una martellata su un dito e francamente non credo che un calcio nei testicoli mi avrebbe fatto meno male. Calcio inguinale comunque sempre da evitare, per via degli irreversibili effetti collaterali.
     Subito dopo, però, avvertii delle sensazioni positive: il dente sembrava finalmente desensibilizzato e non avvertivo più dolore alla già tanto martirizzata area.
      Il dottor Dino prese allora di nuovo in mano le tenaglie e finalmente riuscì ad estrarmi il dente, senza farmi alcun male.
     Col senno del poi, sarebbe stata molto meglio l'anestesia che Padre Pedro (Bud Spencer) pratica nel film Porgi l'altra guancia per levare un dente: una botta in testa e il dente viene strappato via prima che il paziente riprenda conoscenza.
      Ero talmente sollevato dalla fine delle torture che mi misi a profondermi in sinceri ringraziamenti al dottor Dino per aver posto fine alle mie sofferenze dentarie.
      Mi ero già alzato dalla poltrona quando entrò il dottor Paolo dalla sala vicina dove stava curando un'altra persona e, riferendosi alle mie urla di dolore, ci disse ridendo: "Mi fate scappare tutti i pazienti!".
      In effetti, essere in sala d'attesa e sentire le urla di dolore è sotto le cure di un odontoiatra non è il massimo per prepararsi psicologicamente al meglio per la seduta.

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