venerdì 12 dicembre 2025

Mesto ritorno

Mesto ritorno, quello dal luogo dove hai accompagnato un tuo caro al freddo luogo del suo eterno riposo.

Le strade spalancano davanti al tuo pianto cartelli che ti dicono che la tua vita non sarà più come prima, sarà amputata di un sorriso, di una voce, di una colonna a cui appoggiarti.

Lo strazio dei giorni appena passati prolunga la sua crudele eco nei dì che inesorabili attendono il tuo domani.

Il sostegno e la vicinanza di chi è venuto a sorreggere le tue lacrime non placano ma ingigantiscono il tuo dolore.

Lo spazio aperto del tuo futuro non è più prateria ma steppa, non più estensione di aiuole ma zolle aride e brulle.

Mesto ritorno, quello dal luogo in cui tornerai a coltivare il grato ricordo innaffiandolo in silenzio con lacrime e preci.


martedì 9 dicembre 2025

Testa di Indiana. Riflessioni sull'omonima scultura di Patrizia Bonazelli






La creta assume colore sanscrito: parole ancestrali di creazione e di morte escono da uno sguardo pietrificato dal Tempo, lungo le nascite e i dissolvimenti delle civiltà.

La creta fissa l’Intuizione e inevitabilmente si dissolverà ma l’Intuizione dell’Artista rimarrà per sempre lungo le linee infinite dell’Eternità.


Riflessione ispiratami dalla visione dell'omonima scultura dell'Artista Patrizia Bonazelli.


giovedì 4 dicembre 2025

Mesta quiete


Masserizie e rottami beneficiano ormai della quiete dell'acqua, che ha smesso di ribollire la rabbia di Poseidon.

Nave che osasti sfidare il dio del mare, di te ormai non restano alla superficie dell'onde che residui brandelli sfuggiti agli abissi.

Mesta è la quiete di chi li raccoglie per portarli a una vedova o a un orfano, a una madre o a un padre, come conforto di un ricordo da serbare nell'inconsolabile dolore dei giorni e delle notti che verranno.


martedì 2 dicembre 2025

Maschere


Maschere di materia, per recitare in antichi teatri, in cui l’espressività ancora non era affidata agli attori.

Maschere di volti, per nascondere sentimenti ed intenzioni.

Maschere che celano la realtà di un dolore che si vuole tenere per sé, troppo forte per essere urlato o per infrangersi contro l’indifferenza di interlocutori egoisti.

Maschere che nascondono la realtà di un inganno che si vuole perpetrare.

Maschere sotto forma di pagine, su cui gli autori scrivono finzioni per divertire o saggezze segrete, celate dietro il velo di allegorie.

Maschere che allietano le spensierate ore carnascialesche.

Maschere che terrorizzano risvegliando paure assopite nell’inconscio o infondendone di nuove.

Maschere dettate da pietà, per non rivelare verità insopportabili.

Maschere di protezione, per difendersi dal cinismo di un mondo pronto a sfruttare ogni debolezza, ogni ingenuità, ogni sincerità. 

giovedì 27 novembre 2025

Mare


Mare fluido come la vita, dolce come la vita, amaro come la vita, crudele come la vita.

Mare in cui ti culli al caldo del sole o sotto un cielo stellato, abbandonandoti alle stesse sensazioni di pace, di sicurezza e di protezione, provate agli albori della vita nel liquido amniotico, liquido primordiale squarciato di colpo dal "big bang" del parto, dal tuo "big bang".

Mare in cui allegramente sguazzi credendoti inaffondabile e ignorando che basta un'ondata improvvisa o un istante di stanchezza o di distrazione per mandarti a fondo, perché nel letto del fiume della tua vita può sempre abbattersi a tempesta fulminante che tutto travolge, che tutto rimescola.

Mare in cui il navigare sembra placido e certo ma in cui non basta tendere lo sguardo al cielo per vedere le nubi messaggere di venti, e in cui bisogna volgere gli occhi alla superficie piana dell'acqua, perché anche gli scogli possono causare il naufragio: metafora dei tuoi sentieri, nelle cui pietre puoi anche inciampare.

Mare in cui tutto può cambiare, tutto può assumere il ruolo opposto a quello avuto fino ad allora; ed ecco dunque le placide acque, apparente sinonimo di rotta sicura, trasformarsi all’improvviso in leoni che emettono il ruggito dei venti; ed ecco invece gli scogli, apparenti o reali trappole per lo scafo della tua nave, trasformarsi in appigli, in ancore a cui aggrapparti se la tua imbarcazione sta colando a picco.

Mare che ti lambisce, che ti accarezza i piedi quando cammini sulla spiaggia, e che è dunque vicino, mare che tocchi, mare concreto, ma anche mare che spalanca davanti a te la sua immensa distesa: metafora dell'Infinito e dell’Ignoto.

Mare che tocchi con i tuoi piedi oppure, chinandoti, con le tue mani, e che sfugge immediatamente dai tuoi arti, come la sabbia che ti illudi di trattenere, come i sogni e le speranze, che il più delle volte scivolano via dalla tua vita.

Mare che ti sembra luogo di libertà, perché sulle sue onde non ci sono confini.

Mare che ti tiene prigioniero, sradicato dalla tua terra e dai tuoi cari, e che fa dunque di te un esule smarrito.

Mare nel quale ti immergi assaporando momenti di solitudine, al riparo dal rumore incessante della spiaggia del mondo.

Mare in cui non puoi sopravvivere a lungo e che devi presto lasciare per tornare alla terra, per tornare ai tuoi simili, per tornare alla vita, che da solitario non vale la pena di essere vissuta.